MISTERO DI DIO – LA SANTISSIMA TRINITA’

Il Dio vivo e vero.

Dio che si rivela.

Dio stesso ha voluto rivelarci per la nostra salvezza il mistero cristiano in Gesù Cristo e nello Spirito Santo. (D.V.2).

È una conoscenza, come dice il Vaticano II, che ha per oggetto Dio stesso e la sua volontà per la salvezza degli uomini. Egli è l’unico fine dell’uomo e che placa le sue inquietudini. La conoscenza derivante dalla rivelazione merita il nome di scienza è questa scienza si chiama teologia.

L’oggetto è Dio ed egli ne è anche il soggetto. La teologia parte dalla rivelazione per aiutare l’uomo al conseguimento del suo fine che è Dio.

Il nostro studio si basa sulla conoscenza di Dio rivelato in Cristo.

Punto di partenza è il Prologo di Giovanni. Cristo non comunica solamente, ma ci dona la sua vita. Gesù è l’unica via per giungere al Padre. Solo con Gesù la rivelazione arriva alla sua pienezza. Nessuno può dire Gesù è il Signore se non sotto la forza dello Spirito Santo.

La teologia oggi non parla di una teologia del Dio Uno e di una teologia del Dio Trino, ma parla di una teologia del Dio Uno e Trino. A questo proposito è importante tenere presente l’assioma fondamentale di Karl Rahner: “La Trinità economica è la Trinità immanente e viceversa”. Questa frase la dobbiamo scindere in due parti:

La Trinità economica è la Trinità immanente;

La Trinità immanente è la Trinità economica. (viceversa).

Questo sta a significare che Dio si rivela attraverso Cristo, come ci dice la Dei Verbum. La Trinità è formata da tre persone: PADRE, FIGLIO, SPIRITO SANTO che sono uniti, ma agiscono in modo differenziato e lo possiamo vedere ad esempio nell’incarnazione.

La Commissione Teologica Internazionale accetta questo assioma, ma soprattutto per quanto riguarda la prima parte dicono appunto che: “La Trinità che si manifesta nell’economia della Salvezza è la Trinità immanente”. Per quanto riguarda il “viceversa” ci sono delle difficoltà perché l’interpretazione porta a dei malintesi.

Heghel: afferma che Dio ad intra e Dio ad extra sono indipendenti, Dio in sé non ha la pienezza, ma si realizza nel mondo, cioè, Dio si manifesta per necessità, quindi si realizza nel mondo. La Trinità è Unità che si realizza nel processo di reciproca donazione. In forza di ciò Dio non è Dio senza il mondo, il Padre non è Dio-Padre senza la creazione, il Figlio senza l’incarnazione e lo Spirito senza la comunione.

Congar: “Dio si rivelerà solo nella dimensione escatologica”. Riferendosi a questo concetto lui dice che questa Trinità attraverso Cristo si rivela, ma noi lo possiamo riconoscere solo quando Dio si rivela, quando lo vedremo faccia a faccia, nella consumazione scatologica. (1Cor.; 1Gv,3).

Il Concilio Vaticano I con la “Dei Filius” si schiera contro la teoria che l’assenza di Dio non è nelle cose.

Balthasar: “Si, la Trinità economica è la Trinità immanente, ma non la possiamo identificare pienamente, perché significherebbe che Dio rischia di essere ingoiato nel processo del mondo, cioè Dio ha bisogno del mondo”.

La Commissione Teologica Internazionale afferma:Non c’è separazione tra Trinità economica e immanente, ma bisogna tenero conto che la Trinità immanente è arricchita attraverso la Trinità economica da quel quasi nuovo che è l’umanità di Cristo che entra nel Mistero di Dio”.

Per poter parlare della Relazione tra Trinità Immanente e Trinità Economica, dobbiamo dire che la Trinità si manifesta nell’Economia della Salvezza ed è Trinità Immanente.

Di questa teologia noi abbiamo conoscenza attraverso la Rivelazione che si manifesta in Gesù Cristo e attraverso il quale abbiamo conoscenza di Dio-Padre. Gesù è l’unica via per andare al Padre.

Noi dobbiamo fare riferimento a Gal.4,4-6 perché Paolo ci presenta l’azione della Trinità, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.

Qui abbiamo anche una duplice missione: Figlio e Spirito Santo, sono in relazione perché il Figlio è inserito nel tempo e nello spazio, unione ipostatica (assumere la natura umana, lo Spirito ha un carattere di continuità, è invisibile).

Queste due missioni sono diversificate, ma sono anche reciproche. In questa lettera ai Galati (4,4-6) vediamo che Dio manda il suo Figlio, così vediamo qual è l’agire del Padre. In questa iniziativa del mandare, Dio ci rivela il Suo amore. Per quanto riguarda la missione dobbiamo stare attenti che è il Padre che manda il Figlio e non viceversa e che il Figlio ci rivela Dio come Padre, e questo avviene nell’apparizione storica di Gesù.

Dio, il Padre di Gesù.

Nel N.T. attraverso Gesù Cristo vediamo che Dio si rivela a noi come Padre.

Perché parliamo del N.T,? Perché Dio nell’A.T. non è visto come Dio-Padre ma come Dio-creatore. Qui la paternità è riferita alla creazione e non alla figliolanza, non la evinciamo come idea portante che invece troviamo con Gesù Cristo.

Nell’A.T. il popolo si vedeva come il prescelto e Dio cerca di preservarlo, fa una promessa, sancisce un’alleanza, Dio è visto come Padre del popolo. In tutto l’A.T. vi sono vari aspetti della paternità divina, dal dominio, all’istituzione, alla cura. Ma in Is.49,15 ci dice che Jahwè è padre con viscere di madre e in Nm.11,12-13: “L’ho forse concepito io questo popolo…”  Quindi in questo contesto possiamo parlare della paternità di Dio in generale. Quando parliamo di Figlio di Dio in questo contesto, era l’Unto del Signore (Davide) colui che ha una missione da compiere. La dove nell’A.T. in Dn,7,14 il Figlio dell’Uomo è il Figlio di Dio, colui che si incarna, in questo punto c’è una profezia.

Tutte queste piccole luci che ci rimandano alla paternità si rivelano pienamente in Gesù Cristo. È Gesù che ci parla di suo padre e lo invoca. Lui può fare questo, perché è l’unico che ha coscienza che la sua è una relazione unica originale con Dio.

Ora nel N.T. noi vediamo che Gesù lo chiama Abbà Padre, quando lui entra in dialogo con Dio stesso. Quando lui nel N.T. fa riferimento in Lc. e in Mt all’Inno di giubilo, c’è l’invocazione di Gesù verso Dio Padre, in atteggiamento filiale, in Lc c’è questo abbandono filiale verso la volontà del Padre. Quindi da questi vangeli sinottici si può evincere la funzione rivelatrice di Gesù (primo aspetto) e questo lo possiamo vedere in Gv.. nel IV vangelo Gesù parla del Padre e di se stesso, sono più marcati in questo vangelo questi aspetti, perché quando si dice che Gesù è Figlio di Dio non c’è più confusione. Sono una comunità adulta e quindi non c’è ambiguità fra Figlio di Dio e Figlio Unigenito.

(secondo aspetto) Il Padre è colui che manda il Figlio nel Mondo e così mostra il suo amore agli uomini. È lui che conosce intimamente Dio Padre e viceversa a questo Padre obbedisce, e una volta realizzato il piano di salvezza ritorna al Padre.

Il Padre è l’unico punto di riferimento di Gesù.

Rispetto all’A.T. il N.T. ci dice che Dio creatore è il Padre di Gesù che realizza tutto mediante il Figlio, tanto è vero che in Ef.1,2-3 e in 1Pt si dice: “Benedetto sia Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo.” La paternità di Dio è in relazione al termine di Signore. Tutta la vita di Gesù è un continuo manifestare il volto di Dio-Padre.

Kasper: “Coglie l’essenza stessa di Dio (essere amore) ad intra”.

In 1Gv si può evincere la manifestazione di Dio come Amore.

Gesù il Figlio di Dio

Leggendo la Sacra Scrittura specialmente dai sinottici vediamo che Gesù poche volte indica se stesso come Figlio. Questa figliolanza la troviamo di più in Gv e la troviamo perché ormai li può essere usato, perché la comunità era adulta. È venuto per predicare Dio, non se stesso. Gesù nei sinottici è proclamato Figlio di Dio nel battesimo e nella trasfigurazione. Negli scritti di Gv abbiamo un uso più frequente di Figlio e Padre ed anzi si sottolinea che lui è l’Unigenito, quindi la relazione è irripetibile, unica. Questa relazione esiste fin dall’inizio della sua vita nel tempo e nello spazio. Lui è Figlio sin dall’inizio, egli è sempre Figlio di Dio, secondo la carne discende da Davide, ma è Figlio di Dio in virtù dello Spirito di Santità, perché c’è stata la manifestazione della risurrezione dai morti. Gesù nella risurrezione è costituito Figlio di Dio in potenza.

Dio, Padre degli uomini.

Questa paternità di Dio, come abbiamo visto si mostra agli uomini dalla missione di Cristo nel mondo e partendo da Gal: la finalità della missione  di Gesù è perché noi ricevessimo la figliolanza, divina degli uomini, quindi l’invio del Figlio e la figliolanza degli uomini sono indiscutibili.

Non solo in Gal., ma anche nella !Gv si evince come Dio vuole essere anche il Padre degli uomini. Anche nel Vangelo leggendo Mt e Lc, Cristo parla rivolgendosi a Dio dicendo Padre Vostro e quindi fa distinzione tra Padre Mio e Padre Vostro e questo sta a significare come c’è una relazione, ma non sono equiparabili le due figliolanze e insegna a loro la preghiera dicendo: Padre Nostro.

San Paolo dice che: “La relazione fra Figliolanza divina e la nostra è dato dallo Spirito Santo che ne è il vincolo”.

Con Gv.: “I credenti sono nati da Dio e sono da Lui generati nella fede in Gesù”. Quindi si parla di una figliolanza divina che è già reale, ma sarà piena solo nella dimensione escatologica.

Fra tutti questi testi ci preme sottolineare che a partire dalla figliolanza di Gesù possiamo considerare due prospettive:

  1. Nei confronti dei credenti. In quanto Dio ci genera attraverso Cristo nella fede.
  2. La dimensione universale che è nel N.T.

Così come in Ef.4,6 si dice: “A Dio spetta il nome di Padre di Tutti”.

Gesù concepito per opera dello Spirito Santo.

Secondo Mt e Lc l’incarnazione si attua per opera dello Spirito Santo che adombra Maria. La santità è attribuita a Gesù fin dal primo istante perché lo Spirito è presente in Gesù fin dal momento dell’incarnazione.

Nell’incarnazione c’è l’inversione, la Taxisis Trinitaria (Padre – Spirito – Figlio).

Lo Spirito è sceso in Gesù solo nel momento del battesimo, perché prima non lo aveva) NO. Lo Spirito scende in questo contesto come un’ulteriore donazione del medesimo Spirito che muove Gesù all’agire pubblico.

Il Battesimo e l’Unzione di Gesù.

Il mistero Trinitario si sviluppa e si evince da tutta la vita di Cristo. Cristo è il Figlio di Dio ed è pure Unto perché pure in Lui c’è lo Spirito. Gesù è colui che porta lo Spirito. Quando noi leggiamo i vangeli notiamo come Gesù Cristo riceve lo Spirito durante il battesimo, c’è una proclamazione, un riconoscimento pubblico che Cristo è il Figlio di Dio.

Anche in Gv. Si parla di questo Spirito che scende e che mostra che è il Figlio di Dio, questo Spirito deve sospingere Gesù nella Sua vita pubblica. Dal punto di vista biblico c’è presentato Gesù che viene Unto in vista della missione, nel N.T. si devono cogliere due momenti:

  1. L’incarnazione di Cristo per opera dello Spirito Santo, dove Cristo è Santo fin dal primo momento.
  2. Nel Giordano riceve lo Spirito, lo spinge nella vita pubblica. Questa unzione è stata vista dai Padri come se Gesù ricevesse lo Spirito che poi deve donare alla Chiesa, però Dio non ha bisogno dell’unzione, ma nel momento in cui riceve l’unzione viene unta l’umanità.

Quindi alla luce di questo pensiero accettiamo quello che dice Ignazio di Antiochia: “Questa unzione è destinata alla Chiesa, all’umanità e Cristo è il mediatore”.

Sant’Ireneo sottolinea che il battesimo va visto come una manifestazione Trinitaria: il Padre unge, il Figlio è l’Unto e lo Spirito è l’unzione.

Una manifestazione trinitaria in cui lo Spirito è inteso come forza divina che procede dal Padre e abilità Gesù a compiere la sua missione.

Nella chiesa pian piano quest’idea dell’unzione riferita al battesimo di Cristo sparisce e viene assorbita dall’Incarnazione. Questo è stato negativo perché ha confuso l’unione ipostatica con l’unzione, ridimensionando la presenza dello Spirito in Gesù, cessando di mettere in risalto la dimensione trinitaria dell’unzione.

Per Agostino d’Ippona l’unzione battesimale ha una funzione dichiarativa come primo istante della vita pubblica di Gesù. L’idea dell’unzione in Occidente sparisce completamente. Quando quest’idea ritorna viene assimilata all’incarnazione.

Le impostazioni recenti.

Nella teologia contemporanea viene ripresa la presenza dello Spirito in Gesù che viene sviluppata in modi diversi.

Ci sono vari studiosi: Muhlen non la ripropone dal punto di vista storico, ma sistematico e afferma che l’Incarnazione e l’unzione devono essere viste distinte e articolate in relazione. Muhlen si preoccupa di distinguere l’incarnazione dall’unzione perché sottolinea la differente missione del Figlio e dello Spirito.

Anche la sacra Scrittura differenzia questi due momenti, ma Muhlen si riferisce a San Tommaso dal punto di vista teologico, perché dal punto di vista teologico non c’è differenza tra incarnazione e unzione. Questo pensiero che si rifà a San Tommaso tiene conto che in ogni caso l’Incarnazione precede l’unzione e che quindi bisogna considerare in Gesù Cristo la “storia” della Grazia, infatti, questa in Cristo va vista come una crescita della manifestazione della Grazia stessa.

Un altro aspetto importante da tenere in considerazione è che l’unzione è una manifestazione Trinitaria.

Con Balthasar: nell’incarnazione e nel battesimo c’è un’inversione Trinitaria (Taxsis), inversione di processione. Anche lui considera che l’incarnazione e unzione coincidono nel tempo. Lo Spirito Santo ancora non è persona, quindi è Spirito del Padre, perché mandato a Maria, ma è anche lo Spirito del Figlio perché si produca la figliolanza. Mentre per quanto riguarda il battesimo, Balthasar lo vede come un momento manifestativi-pubblico.

Congar è a favore della successione cronologica e logica. Afferma che Dio si autocomunica in Gesù attraverso tappe storiche, quindi nel vangelo osserviamo momenti successivi della venuta dello Spirito Santo in Gesù.

Bordoni non accetta Balthasar perché da al battesimo un valore solo simbolico, ma afferma che esso è un evento realmente avvenuto che da un doppio valore:

  1. Cristologico: Cristo riceve lo Spirito che lo sospinge nella missione pubblica.
  2. Ecclesiologico: perché questo Spirito deve essere donato alla Chiesa.

Quindi la teologia distingue questi due momenti, ma ci sono altri due punti su cui non si trova d’accordo.

  1. Qual’è il momento cronologico dell’unzione? (nel Giordano o nell’incarnazione).

Diciamo che ufficialmente l’unzione di Gesù è avvenuta nel Giordano. A questo momento fa riferimento l’azione messianica di Gesù. Questo non significa che nell’incarnazione non c’è stata la santificazione, che in questo caso è rivolta all’umanità di Cristo.

Allora l’unzione nel Giordano acquista tutta la sua importanza perché viene vista come manifestazione agli uomini e inizio della vita pubblica di Gesù, ma questa  manifestazione non ha un valore solo per gli uomini, ma anche per Gesù. Infatti questo Spirito che si manifesta in modi e in tempi diversi, guida il cammino storico di Gesù, infatti è in questo Spirito che Gesù obbedisce liberamente al Padre.

Ma per Gesù il battesimo ha un valore? Si, perché questo Spirito continua a santificarlo, a renderlo libero ed a fare la volontà del Padre. Lo Spirito Santo è il mediatore della volontà del Padre per Gesù (Balth). Quindi si può dire come Basilio di Cesarea che tutto l’atteggiamento si realizza con la presenza dello Spirito Santo. Nel Giordano Gesù viene abilitato all’esercizio del suo ministero fra gli uomini.

  1. Il soggetto attivo è il Padre o il Figlio?

Il Padre che realizza l’unzione è messo in relazione alla voce che dal cielo proclama Gesù Figlio. Quindi il battesimo viene visto come momento fondamentale per la rivelazione di Cristo come Figlio.

Questa problematica ci rimanda ad un’altra che è quella dell’identità dello Spirito che discende su Gesù. Oggi si afferma che su Gesù scende lo Spirito Santo che è lo Spirito del Padre e del Figlio. Questo Spirito, come Spirito del Figlio, si rivelerà pienamente solo nella Risurrezione. Un’altra manifestazione importante è quella della Trasfigurazione che però ci rimanda alla Pasqua. (alla Gloria finale).

La Trinità e la Croce di Gesù.

Quando noi parliamo di croce entriamo nel Mistero Pasquale che è l’espressione della Rivelazione del Mistero in Dio Amore. In campo teologico diciamo che questo Mistero ha suscitato molte controversie. Partendo da Von Balthasar che dice che nella Croce, Dio Padre-Amore ci dona suo Figlio e il Figlio si dona anche Lui e dimostra di amarci. Ciò è visto da Balthasar in senso trinitario, il problema fondamentale che ne scaturisce è il senso dell’abbandono, Balthasar riferendosi al brano di Mt. E di Mc. dove è citato il Salmo 22 ci dice che si vede come Gesù Cristo vive fino in fondo il senso dell’abbandono.

  1. Ireneo invece riferendosi alla morte in croce di Cristo dice che egli sulla croce ha vissuto fino in fondo la sofferenza umana, da poterla poi esigere dai discepoli.

Per Gv. Invece vi è unità tra Croce e Gloria, infatti vede in Gesù crocifisso la massima Rivelazione di Dio.

Che tipo di abbandono? Per alcuni questo abbandono viene visto come unico e irripetibile, ma non è altro che la manifestazione massima della kenosi del Figlio, in cui però l’apparente opposizione è manifestazione dell’agire unitario di Dio. La passione quindi ci evidenzia la separazione fra Padre e Figlio, ma anche la relazione tra Padre e Figlio. La separazione però è sempre superata dallo Spirito d’Amore alla luce della resurrezione. Tanto è vero che a questo punto si può parlare di una dimensione trinitaria della passione e quindi non più di abbandono ma di consegna.

Lutero per sviluppare la teologia partiva dalla teologia della croce perché era l’unico punto di partenza per fare teologia.

Moltmann: l’evento Croce non avviene fra Dio e l’uomo Figlio, ma fra Dio e Dio, perché Dio abbandona Dio, Dio Padre abbandona Dio Figlio, questo porta alla morte di Dio, questi contraddice Dio stesso. Ma Moltmann dice che nella croce si produce unità che è dallo Spirito che unisce il Padre al Figlio.. quindi per Moltmann l’abbandono viene superato da questo Amore.

Perché Moltmann lo prendiamo in considerazione? Perché il suo pensiero in qualche modo ha degli aspetti positivi come ad esempio: cogliere in questo momento d’amore che è la croce, la via per penetrare nei misteri dell’essere divino. Quindi alla luce di ciò possiamo dire che il difetto della teologia pastorale sta nel mettere Dio contro Dio anche recuperato poi dall’Amore dello Spirito Santo.

Jüngel riprende Moltmann e lo sviluppa ulteriormente, tanto è vero che indica il Crocifisso come orma della Trinità, cioè vuol dire che con la morte di Gesù si inaugura un nuovo tipo di relazione tra l’uomo e Dio. Nella morte di Gesù Dio appare come colui che vince la morte. Il pensiero di Jüngel così come quello di Moltmann non viene accettato pienamente dalla Chiesa perché le loro espressioni generano ambiguità. Infatti sembra per loro che la Trinità diventa tale soltanto nel momento della croce, mentre rimaniamo d’accordo nell’importanza della centralità della croce come evento che rivela il volto Amoroso di Dio. (Vedi pag.13)

A questo punto la Commissione Teologica Internazionale che ha accettato alcune intuizioni degli autori appena citati, afferma che l’uomo è stato creato per essere integrato nel Cristo, quindi nella vita della Santissima Trinità. Inoltre dicono che si, nell’evento della Croce c’è una separazione fra Padre e Figlio, superata anche qui dall’amore e dall’identica natura (abbandono – fiducia). Sono proprio l’amore e la natura unica che mantengono unito il rapporto tra Padre e Figlio, anche se tra essi c’è nello stesso tempo uno spazio di redenzione d’amore in cui sono contenute le singole distanze di ogni uomo.

Conclusione.

L’abbandono del Padre nei confronti di Gesù c’è ma lo consideriamo funzionale alla distinzione delle persone divine. Distinzione vista sempre nell’unità. Ribadisce che l’evento della croce in particolar modo, la consegna di Cristo è importante perché ci aiuta ad intravedere l’essenza di Dio. È fondamentale la citazione che troviamo in 2Cor.11 “Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo tratto da peccato in nostro favore”. Qui troviamo il mistero di questo abbandono: la distanza tra il Padre e il Figlio è l’abbraccio redentivi. Questa distinzione va vista anche come affidamento, questo va compreso in tutto il suo realismo nel momento in cui troviamo il rapporto affettivo di Gesù nei confronti del Padre, proprio in quell’ABBA’.

Ora la passione e morte di Cristo ha senso con la resurrezione, in quanto la passione e morte di Cristo non costituisce la cancellazione della vita terrena, ma è la dimostrazione del valore che ha nell’eternità Dio. La vita quindi della Trinità di Dio non è più vissuta come se il Figlio non avesse introdotto la natura umana nella Gloria.

In sintesi in questi due teologi protestanti non si può accettare il pensiero per le sottolineature di questo abbandono in cui sembra asserire che Dio non sia più Dio e quindi è come se la Trinità per un attimo non ci sia più.

La resurrezione di Gesù.

Nella resurrezione di Gesù vi è una rivelazione di Dio Uno e Trino, manifestazione Trinitaria. L’iniziativa di Dio Padre. In Rm. Paolo unisce il potere di creare e di risuscitare. Anche nei Salmi sappiamo che questa iniziativa è demandata al Padre. Lui ha questa Grazia di generare. Generazione e relazione vanno messi in relazione. Se noi leggiamo in modo superficiale Gv. Possiamo vedere che l’iniziativa è di Gesù, però se leggiamo attentamente notiamo che questo potere è sempre demandato al Padre, è Lui che agisce. Nella Resurrezione così come nella croce si poteva evidenziare il rapporto Padre-Figlio, così come si può evidenziare la paternità. Perciò questa paternità che si evince non scaturisce dall’Incarnazione ma ci rimanda alla preesistenza di Gesù, Gesù esisteva come Dio prima che si introducesse l’economia salvifica. Quindi la relazione Padre-Figlio che noi vediamo nella Croce e Resurrezione ci rimanda ad un rapporto previo l’esistenza umana di Gesù; perché la natura umana assunta da Gesù ha delle ripercussioni nella vita intratrinitaria, in quanto Cristo incorpora la sua umanità nella vita divina. Dunque con la Resurrezione l’umanità viene glorificata per essere messa sullo stesso piano dello splendore divino del Figlio di Dio per essere assunta nel Mistero di Dio.

Ilario di Poitier è un grande sostenitore della necessità della relazione tra generazione eterna e resurrezione. Nella resurrezione e nell’esaltazione si vede l’unità del Padre e del Figlio non separata dall’effusione dello Spirito. Lo Spirito però che interviene nella resurrezione di Gesù è sempre per iniziativa del Padre, quindi possiamo dire che il Padre risuscita il Figlio nello Spirito. Gesù con la resurrezione è reso Spirito vivificante, questo vuol dire che Gesù ricolmo dello Spirito Santo di Dio è divenuto fonte di vita per quanti credono in Lui. Così come il primo Adamo è stato fonte della vita terrena che termina con la morte, Gesù Nuovo Adamo è fonte dello Spirito, della vita. In Lui la sua umanità è perfettamente divinizzata e in totale comunione di vita con il Padre.

Lo Spirito dono del Padre e di Gesù Risorto.

“Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del Suo Figlio”. Lo Spirito dono del Padre e di Gesù Risorto.

Ladaria per spiegare che lo Spirito è dono di Gesù Risorto parte dal testo di Galati. Nel testo possiamo evincere che tra la missione del Figlio e dello Spirito c’è una relazione che non sono giustapposte, vi è un parallelismo. Noi come possiamo capire dal punto di vista teologico, l’invio dello Spirito se non ci rifacciamo alla Sacra Scrittura, se non ci rifacciamo alla Glorificazione di Gesù Cristo. Perché? Nel momento in cui Gesù viene risorto riceve in pienezza lo Spirito, quindi si glorifica la sua umanità ed entra in comunione perfetta con il Padre, ciò è l’espressione della pienezza dello Spirito che riceve. Alla luce di ciò Gesù è la fonte dello Spirito sui vari personaggi: Elisabetta, Simeone ci presenta l’azione dello Spirito possibile per la venuta di Gesù Cristo, uno che agisce con caratteristiche diverse dalla Spirito effuso a Pentecoste.

In tutto l’A.T. lo Spirito Santo agisce in modo occasionale, mentre dopo l’effusione lo Spirito è visto come un dono escatologico da cui si evince la missione dello Spirito che spinge i credenti all’evangelizzazione, alla gioia e alla lode di Dio. Inoltre in Lc. si può vedere che Gesù una volta asceso al cielo, manda ciò che il Padre ha promesso.

Atti 2,17 questo invio è attribuito a Dio Padre, ma in Atti 2,33 si evince che Gesù ha ricevuto da Dio Padre lo Spirito promesso e che lo effonde in una effusione universale. Gv. Riconosce che il dono dello Spirito è conseguenza della Glorificazione di Cristo nella sua umanità. Infatti il dono dello Spirito ai discepoli e alla chiesa è conseguenza inseparabile della Glorificazione del Signore. Gesù, infatti, nell’ultima cena parla dello Spirito nell’imminenza della sua morte. A tal proposito citiamo Gv. 16,5, dice che è necessaria la sua morte affinché possa venire il Paraclito. Questo dono dello Spirito presuppone il ritorno al Padre di Gesù e quindi la sua glorificazione. La teologia di Gv. Vede però già nella morte di Gesù l’anticipo del dono dello Spirito. (Acqua argine del costato del Signore. Spirito esce dal corpo di Gesù).

In Paolo non troviamo una successione cronologica come quella di Lc. e di Gv. Anche se si è consci del miracolo tra esaltazione e glorificazione. Paolo chiama lo Spirito come Spirito di Dio, Spirito Santo, Spirito di Cristo, ecc. Paolo riconosce che con l’effusione dello Spirito si ha una nuova vita, nell’azione dello Spirito.

I Padri hanno riflettuto su questa questione e sostengono che la novità è nata da Gesù Risorto che nello Spirito è comunicata agli uomini.

Ireneo dice: “Che lo Spirito realizza negli uomini la volontà del Padre, rinnovandoli nella novità di Cristo”.

Origene: “Sottolinea come in Cristo tutto è rinnovato e in forza di ciò dice ai suoi apostoli: «Ricevete lo Spirito Santo»” . Perché anche essi avevano ricevuto la novità della Grazie e dello Spirito Santo.

Ilario di Poitier: “Mette in rilievo l’intima connessione che c’è tra gli eventi della glorificazione di Gesù e l’invio del dono dello Spirito, quindi le due missioni sono unite intrinsecamente ma con caratteristiche differenti.

Anche il Concilio Vaticano II ha espresso questo significato, cioè che Gesù ha donato proprio il suo Spirito e quindi rifacendosi ad Efesini: “Lo Spirito è unico e identico nel capo (Cristo) e nelle membra (Chiesa)”.

Il dono dello Spirito e i suoi effetti dopo la Resurrezione di Gesù.

Sinottici e Atti. In questo paragrafo, padre Ladaria vuole considerare gli effetti che si hanno con l’effusione dello Spirito. Intanto quando parliamo di Spirito Santo è un termine esclusivo del N.T. perché quando si parla dell’A.T. si parla di Spirito come Spirito di Sapienza, e altre forme.

Per i sinottici: I sinottici ci sottolineano che questo Spirito è colui che assiste i credenti, soprattutto nei momenti più forti, di persecuzione. Proprio dagli Atti vediamo che questo Spirito è il dono promesso da Dio negli ultimi tempi, abilita i discepoli alla testimonianza e chi ascolterà riceverà con il battesimo lo Spirito Santo, così lo Spirito diventa il soggetto di ogni testimonianza coraggiosa. Proprio grazie all’azione dello Spirito che la predicazione dei discepoli diventa universale. Questo Spirito promesso da Dio precede e accompagna l’azione evangelizzatrice, accompagna la Chiesa nella predicazione e nella testimonianza di Gesù. Quindi in Lc si sottolinea come lo Spirito sia il responsabile dell’azione esterna della Chiesa, ma lo Spirito si manifesta anche nella proclamazione delle meraviglie di Dio.

Corpus Paolinum. In Paolo si considera principalmente la presenza dello Spirito in ognuno, pur non dimenticando la dimensione ecclesiale. Lo Spirito di Gesù ti abilita a rivolgerti a Dio chiamandolo Padre (Gal.; Rm.) Senza questo Spirito non possiamo condurre una vita filiale. Solo se siamo guidati dallo Spirito di Dio possiamo vivere come figli di Dio, quindi è lo Spirito di Cristo che crea in noi l’atteggiamento della figliolanza che ci fa in noi suoi coeredi, Paolo in Corinzi parla della caparra dello Spirito come garanzia della nostra vita futura. In Galati ci dice che lo Spirito si acquisisce mediante la fede, che Lui ci fa conoscere Dio. Che è Lui che ci fa comprendere la Parola di Dio.

Lo Spirito ci conforma a Cristo, infatti in Paolo dire “nello Spirito” o “in Cristo” sono equivalenti. Questo per sottolineare l’intima relazione tra Cristo e lo Spirito. La presenza dello Spirito in ogni credente deve essere messa in relazione al nostro corpo, perché? Perché come si dice in 1Cor. 6,19 “Il nostro corpo è tempio dello Spirito Santo, condizione legata all’unione di Gesù del cui corpo noi siamo le membra e con il quale formiamo un solo Spirito”. Quindi lo Spirito che agisce in ognuno attribuisce i propri doni come vuole, ma tutti devono contribuire all’edificazione dell’unico corpo di Gesù Cristo che è la Chiesa. Quindi l’unità è data dall’azione dello Spirito.

Gli scritti attribuiti a Giovanni. Lo Spirito in Gv. Ci presenta alcune sfumature che si possono cogliere. Egli parla  come Spirito Paraclito, perché consola i discepoli e li assiste nella missione. Invece lo Spirito di Verità rende testimonianza. Cosa lo Spirito comunica ai discepoli? Fa ricordare a loro ciò che Cristo ha detto. Mantiene la Parola e la presenza di Gesù, lo vede anche come Spirito della vita, è lo Spirito di vita l’origine della nuova nascita dell’uomo. Questo Spirito è lo Spirito che ci porta alla vera conoscenza di Dio e di Cristo, cosa che l’uomo non può fare da solo. È importante la 1Gv che dice che lo Spirito è l’olio dell’unzione e ti introduce alla vera conoscenza di Dio e fa si che i credenti possano rimanere in questo amore.

Conclusione.

Cosa si può evincere? Che lo Spirito è riferito sempre a Gesù, non perché Cristo è risorto ed è stato glorificato ed è in piena comunione con il Padre, ma perché l’azione che lo Spirito compie nella Chiesa e nell’uomo non può prescindere da Cristo. La Chiesa costituisce il corpo di Cristo con l’evangelizzazione e la missione, diffondendo il messaggio di Cristo. Questo Spirito ci è dato come Spirito di Dio, ma anche come Spirito di Cristo e non bisogna guardare lo Spirito come subordinato a Cristo. Perché dalle due missioni si realizza l’opera di salvezza voluta dal Padre, per cui si può concludere dicendo che il Padre realizza il suo disegno salvifico nella mediazione unica di Cristo, l’vento Cristo si realizza nello Spirito, e Gesù stesso nella sua vita testimonia lo Spirito. Quindi la salvezza arriva agli uomini attraverso lo Spirito, e lo Spirito che universalizza, rende efficace, presente l’opera di Cristo. (sacramenti). La volontà salvifica non si limita solo ai credenti, è ampia e raggiunge tutti gli omini di Buona Volontà. La salvezza universale di Gesù Risorto si esercita nello Spirito che è il mezzo attraverso il quale questa salvezza diventa effettiva.

Il carattere personale dello Spirito Santo secondo il N.T.

Per quanto riguarda il carattere personale dello Spirito Santo, Congar pone alcune difficoltà, perché egli sostiene che lo Spirito non dice noi “IO”, però da alcuni testi come Paolo, Atti, Gv. Non si può non tenere conto perché questi testi presentano lo Spirito come un essere personale, un soggetto che agisce.

Atti: Spirito che avverte, vieta, dice, decide.

Paolo: Spirito scruta, intercede, è mandato.

Il testo che ci presenta lo Spirito come persona è Giovanni. C’è lo presenta come soggetto che non è privo di iniziativa, ma ha libertà di decisione, in forza di ciò lo Spirito insegna, ricorda, rende testimonianza. Quindi in Paolo e Gv. Notiamo un notevole parallelismo fra le azioni attribuite a Gesù e quelle attribuite allo Spirito. Per cui se c’è somiglianza nelle azioni divine, non può esserci differenza nell’essere o non essere persona.

Il Figlio e lo Spirito in relazione all’unico Dio.

Nel vedere il Figlio e lo Spirito in relazione all’unico Dio, dobbiamo guardare al N.T. perché nell’A.T. ci viene presentato un monoteismo rigido, invece nel N.T. ci viene presentato un Dio unico ma con la struttura trinitaria della salvezza. Si può dire che tra i tre c’è identità di divinità anche se c’è un maggior svelamento, quindi Dio si manifesta così com’è. I testi del N.T. ci presentano che Gesù è Dio essendo il Figlio e addirittura in Gv. 5,35, Gesù ci dice: “Io sono” e ci rimanda ad Es. 3,14. Paolo si riferisce a Gesù come Dio, quindi Gesù è presentato come Dio nel N.T. lo stesso iter si può dire dello Spirito Santo, anche se non c’è nessuna affermazione esplicita che ci parla della sua divinità, però è la sua associazione al Padre e al Figlio che lo colloca chiaramente dalla parte di Dio. Quindi la struttura trinitaria di salvezza nel N.T. si può riassumere: l’iniziativa viene dal Padre che manda Gesù il quale con la sua morte, resurrezione e glorificazione dona lo Spirito che abilita l’uomo alla vita nuova. Solo l’intervento congiunto di tutte e tre possono portare l’uomo e il mondo alla salvezza. Quindi nel N.T. linea discendente: Padre – Figlio – Spirito Santo, ma anche una linea ascendente: Spirito Santo – Figlio – Padre, quindi in definitiva il Figlio e lo Spirito uniti all’unico Dio nel N.T.

Testi triadici.

Nel N.T. ci sono sia passi dove si vede  la fede Cristologica e ci sono passi dove c’è la struttura triadica, Padre, Figlio, Spirito Santo. Questa struttura manifesta l’agire trinitario a cominciare dall’annunciazione. Poi ci sono passi in cui ci sono formule trinitarie come quella battesimale in Mt. 28,19 testo che ha avuto la rilevanza nella tradizione della chiesa e in cui si afferma la pluralità delle persone nell’unità. In questo testo è presentato l’ordine storico-salvifico discendente: Padre, Figlio, Spirito Santo. 1Cor. 13,13 la Grazia viene identificata con Cristo, il quale è fonte dell’amore, lo Spirito Santo fonte di comunione tra Dio e gli uomini e fra gli uomini stessi. È una formula che utilizziamo nell’accoglienza. 1Cor. 12,4,6 (carismi) abbiamo l’ordine nascendente: Spirito Santo, Figlio, Padre, dice che uno solo è lo Spirito, uno solo è Dio che opera tutto per tutti.

Un altro testo triadico Gal. 4,4-6 poi nel vangelo di Gv. E nei testi Paolini troviamo come questi autori abbiano coscienza del fatto che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo si trovano unito in modo speciale.

La Chiesa con un ulteriore riflessione mostrerà come la cristologia e la pneumatologia, non sono un ostacolo al monoteismo del N.T. I testi trinitari hanno senso alla luce dell’economia della salvezza in cui Dio si rivela come Padre in Gesù e attraverso la mediazione di Gesù nello Spirito compie questa economia salvifica. Le formule sono punti di partenza di una riflessione ulteriore.

Riflessioni conclusive.

In questo capitolo si sono fatte delle riflessioni biblico-sistematiche dai quali possiamo evincere alcuni punti fermi della rivelazione del Mistero di Dio. Da questa rivelazione scaturisce l’inserimento dell’uomo nella vita divina. (Ef. 2,18).

I risultati ottenuti si possono dividere in sei punti:

  1. La rivelazione di Dio avviene di fatto con l’invio del Figlio e dello Spirito da parte del Padre. La salvezza dell’uomo consiste nella figliolanza divina. Questo è il fine della missione del Figlio e dello Spirito.
  1. Queste due missioni non sono indipendenti ma correlate, in relazione l’una all’altra.
  2. Gesù oltre ad essere Figlio di Dio venuto nel mondo e anche portatore dello Spirito. Da qui la teologia dell’unzione.
  3. Dal Mistero Pasquale si evince l’amore di Dio Padre e del Figlio per gli uomini e che nella resurrezione si ha l’unità tra il Padre e il Figlio da cui scaturisce l’effusione dello Spirito Santo.
  4. La presenza di questo Spirito in Gesù è un processo dinamico. Questo Spirito è colui che sospinge Gesù uomo al Padre ed è questo Spirito che Lui dona.
  5. Quest’economia salvifica si è realizzata mediante l’azione dello Spirito Santo, mostrandoci la loro unità e la dinamica trinitaria della salvezza che è l’unica strada che in qualche modo ci fa conoscere ciò che Dio è in se.

La preparazione della Rivelazione del Dio Trino nell’A. T.

Le Sacre Scritture hanno un fondamento unitario, non si può separare l’A.T. dal N.T., non un Dio unico nell’A.T. e un Dio Trino nel N.T., se pur l’A.T. non ci fa conoscere il Mistero di Dio nella sua Trinità, questo concetto non gli è del tutto estraneo, infatti in Gn.1,26 si afferma la pluralità in Dio nel: “Facciamo l’uomo”. Ladaria si sofferma su due eventi:

  1. La Rivelazione del nome di Dio a Mosè.
  2. L’esistenza delle figure mediatrici, Es. 3,14-16.

La Rivelazione del nome di Dio a Mosè.

La Rivelazione nel nome di Dio spetta nel nome di Jhwh che indica l’orientamento futuro dell’agire di Dio, l’essere e l’agire di Dio si corrispondono perché nel suo agire concreto, Dio farà conoscere il suo essere.

Jhwh equivale ad “Io sono colui che esisto” così come spesso è indicato come “Io sono con voi” (Io solo esisto). In queste parola Dio vuole affermare che Lui solo esiste, ciò è anche affermato o ripreso in Is. 43,10-11, nel Dt. 4,29.

Le figure mediatrici.

Quando parliamo delle figure mediatrici nell’A.T. dobbiamo prima di tutto pensare che esse servono a salvaguardare la trascendenza di Dio, e a rendere presente Dio nel mondo.

Le figure mediatrici dell’A.T. possono apparire enigmatiche, ma in una visione unitaria della Sacra Scrittura acquistano un grande significato. Infatti Dio salvaguarda la sua trascendenza ma attraverso queste figure ci accompagna come un pedagogo, in una processione verso la Rivelazione. Dunque in queste figure non troviamo affermazioni chiarissime della Trinità, ma troviamo delle relazioni che vanno in quella linea. Queste figure mediatrici hanno delle caratteristiche di continuità con il N.T. ad es.: la figura della Sapienza nella creazione ci rimanda a Gesù che è il mediatore della creazione, otre che il mediatore della redenzione. Cristo attraverso il quale il Padre aveva creato tutte le cose diventa il tramite, attraverso il Padre redime e salva.

L’angelo di Jhwh. In alcuni passi questo angelo di Dio non può essere distinto da Dio stesso, perché sia le sembianze che il parlare sono quelle di Dio (Apparizione si Agar, Giacobbe, Gedeone). In questo testi dopo aver parlato l’angelo si identifica con Dio stesso.

La Parola di Dio: è rivolta ai profeti e li spinge a predicare e a trasmettere ciò che loro ascoltano da Dio al popolo. Quindi la Parola di Dio è insegnamento, rivelazione e disposizione del Signore. La parola esegue la volontà di Dio nella creazione. La Parola è partecipe del potere divino.

Salmo 33,6 “Dalla Parola del Signore furono fatti i cieli”. La Parola è mandata nel mondo per compiere la volontà di Dio.

La Sapienza può essere vista con varie sfaccettature, come un bene divino in Gb.12,13, in Re 3,12 l’uomo può ottenere come dono di Dio ma per effetto delle preghiere. In alcuni testi questa Sapienza viene personificata, importante è il testo di Prov. 8,9 dove con la Sapienza si identifica il disegno eterno della creazione che conferisce al mondo il suo ordine.

Lo Spirito, esso alcune volte è visto come il vento, messo in relazione con l’energia, il Potere divino, la forza creatrice di Dio stesso. Appare in relazione alla creazione in Gn. 1,2 dove ci dice che lo Spirito di Dio aleggia sulle acque. Lo Spirito del Signore riempie l’universo. Alla luce della funzione cosmica della creazione vediamo che per l’uomo in particolare Salmo 104,29-30, infatti nei libri storici lo Spirito di Dio appare come una forza che irrompe in alcune persone affinché queste realizzano il disegno di Dio. Lo Spirito opera anche sui Profeti e quindi è attribuita la profezia. Il Messia è il portatore dello Spirito per eccellenza, cioè l’unto, su di lui riposerà. Quindi lo Spirito è l’inizio di una nuova vita in senso lato e in senso specifico. Lo Spirito pur mantenendo la propria trascendenza rinnova gli uomini nella loro condotta, infatti egli è presenza di Dio in noi.

Queste figure mediatrici ci preparano alla Rivelazione della Trinità.

I Padri apostolici e apologisti.

I Padri apostolici. Fine I sec. inizio II sec.

La definizione di Padri la dobbiamo intendere in maniera molto larga, sono stati vescovi, presbiteri, laici ecc.

Non sono sempre stati testimoni della Rivelazione perché per es.: Ireneo di Lione non è un contemporaneo di Cristo pur essendo un eminente Padre. Quindi possiamo parlare di Patristica propriamente detta intorno al VI – VII secolo.

Nell’opera salvifica il termine Figlio e Spirito è unito al Padre, Gesù è il Figlio Unigenito mediatore tra Dio e gli uomini. Spirito unito al Padre e al Figlio nel N.T., lo Spirito è colui che guida la Chiesa nella Verità tutta.

PADRI APOSTOLICI

FINE I SECOLO – INIZIO II SECOLO

SCHEDE

Autore:                       CLEMENTE DI ROMA

Epoca:                       I secolo D.C.

Scritti o passi:           Lettera ai Corinzi.

Seconda lettera di Clemente.

Novità:                     Formule trinitarie che non presuppongono una teologia trinitaria, ma il consolidamento dell’unire i tre nomi.

Seconda lettera di Clemente: “Dio manda Cristo come guida dell’incorruttibilità e per mezzo di Cristo manifesta la Verità e la vita celeste”.

Padre:                        “Despotes”, Signore  della creazione, di tutte le cose.

Figlio:                         Colui che è preesistente alla sua incarnazione. Del Figlio pensa ciò che è di Dio perché sottolinea che Gesù è Dio per salvaguardare la nostra salvezza.

Spirito Santo:           Non ci sono formule chiare sulla divinità dello Spirito Santo. Egli è stato effuso sui cristiani, ha parlato nell’A.T.

Paolo e Clemente scrivono guidati dallo Spirito Santo.

Autore:                       IGNAZIO DI ANTIOCHIA

Epoca:                       I secolo D.C.

Scritti o passi:

Novità:                       Relazione tra l’unità della Trinità e della Chiesa. Le tre persone sono messe in relazione all’edificazione della Chiesa. Si afferma la fede monoteista.

Padre:                        Dio si è manifestato per mezzo di Gesù Cristo che è la Sua Parola.

Figlio:                         Gesù Cristo è chiamato direttamente “DIO”..Figlio (uscito da un solo Padre)

Spirito Santo:           Lo Spirito Santo è presente nella generazione umana (incarnazione) e all’unzione di Gesù. Gesù è l’unto per eccellenza.

Autore:                       PSEUDOBARNABA

Epoca:                       Fine I secolo inizio II secolo.

Scritti o passi:           Dio si rivolge a Cristo in Gn. 1,26 quando dice: “Facciamo l’uomo”.

Novità:

Padre:

Figlio:                         Preesistenza di Cristo nell’Incarnazione. Si fa chiamare KIRIOS, sopporta l’umiliazione della morte. Si afferma sua divinità.

Spirito Santo:           Lo Spirito Santo effuso sui cristiani proviene dall’abbondante fonte del Signore.

La profezia è attribuita all’azione dello Spirito.

Autore:                       DIDACHE’

Epoca:                       II secolo D.C.

Scritti o passi:           Matteo 28,19.

Novità:                       Ci tramanda alcuni sacramenti: la formula battesimale e le preghiere eucaristiche rivolte al Padre per intercessione di Cristo.

Padre:

Figlio:                         Cristologia arcaica: Cristo servo.

Spirito Santo:           Lo Spirito Santo si menziona solo in Matteo.

Autore:                       IL PASTORE DI ERMA

Epoca:                       II secolo D.C.

Scritti o passi:

Novità:                       Sembra che ci sia un’interpretazione cristologica di tendenza adozionista.

Padre:

Figlio:                         Il Figlio è visto come mediatore della Salvezza, nell’opera. Qui il Figlio è marginale, perché non gli si attribuisce mai il titolo di Signore per non compromettere il rigoroso monoteismo.

Spirito Santo:           Lo Spirito Santo si unisce agli uomini. Gli uomini devono obbedire allo Spirito Santo per ottenere la salvezza.

SINTESI DEI PADRI APOSTOLICI.

Abbiamo visto:

1.    Formule triadiche senza teologia trinitaria.

2.    Si afferma la preesistenza di Cristo chiamato anche “DIO”.

  1. Più sviluppata la relazione Padre – Figlio.

Lo Spirito Santo è in relazione con:

  1. L’ispirazione profetica (Clemente).
  2. Concepimento di Gesù (Ignazio).
  3. Effusione (Pseudobarnaba).
  4. Allusione al battesimo (Didachè).

PADRI APOLOGISTI

Con loro inizia la riflessione trinitaria per proteggere la fede dai possibili malintesi. Questa riflessione si concentra fra la relazione fra Padre e Figlio e la generazione del logos – Figlio di Dio.

Autore:                       GIUSTINO

Epoca:                       Morto nel 165.

Scritti o passi:           Dialogo con Trifone.

Novità:                       Preesistenza di Cristo, le teofanie dell’A.T. sono manifestazioni del Figlio. La generazione del Figlio non sminuisce l’essenza del Padre, è della stessa sostanza. Riafferma l’unità tra Padre e Figlio, riflessione trinitaria se pur inizia non è ancora completa. Con Trifone condivide il monoteismo.

Padre:                        Dio identico, invariabile, è la causa di tutto ciò che esiste. Dio è ingenito, e genera in potenza il Figlio. Dio genera non fisicamente ma in modo intellettuale.

Figlio:                         il Figlio di Dio chiamato “VERBO” coesiste, è generato da Dio prima di tutte le cose. Il Figlio è della stessa sostanza di Dio, ed è con Lui prima delle creature. Preesiste ingenerato è Dio, ha la natura umana.

Spirito Santo:           Guarda allo Spirito in relazione all’economia salvifica. Si sottolinea il suo agire come Spirito profetico. Lo Spirito Santo è disceso su Gesù nel battesimo, senza che Gesù ne avesse bisogno, affinché a partire da Lui, lo Spirito potesse essere effuso sui cristiani.

Autore:                       TAZIANO

Epoca:                       Morto nel 172.

Scritti o passi:           Ad Graecos.

Novità:                       Riprende il concetto di monoteismo, parla di generazione non come separazione in Dio o come uno sminuire Dio. Il Figlio e il Padre partecipano della stessa condizione spirituale. In Taziano abbiamo una specie di Biniterismo, Dio viene visto come Padre e Figlio.

Padre:                        Parla del Padre come Dio-Spirito che penetra nella materia. Dio “in principio era” solo. Il Padre non viene sminuito.

Figlio:                         il Verbo, non viene mai chiamato “FIGLIO”, partecipa dell’essere del Padre e viceversa.

Spirito Santo:           Lo Spirito di Dio abita negli uomini e ci da la perfezione. Lo Spirito non è messo in relazione con il Padre e il Figlio nella vita divina. Lo Spirito è l’ambasciatore di Dio.

Autore:                       ATENAGORA

Epoca:                       Seconda metà del II secolo.

Scritti o passi:           Il legatio.

Pr.8,22 “Il Signore mi ha creato”

Novità:                       Afferma l’unità dei tre. Nasce la formula trinitaria. Pr.8,22: “Generazione in relazione alla creazione per tutti e tre”. Struttura triadica: unità divina nella distinzione dei tre, per cui si sottolinea come sono specifici: unità nella distinzione, nell’ordine (TAXSIS) manca la processione dei tre.

Padre:                        Dio ingenito, eterno, invisibile, impossibile, incomprensibile e sconfinato, inondato di luce e di bellezza, di Spirito e di potenza, inenarrabile, da Lui tutto è stato generato e tutto è stato ordinato e conservato.

Figlio:                         E’ stato generato per l’inizio delle opere di Dio.

Spirito Santo:           Unito al Padre e al Figlio, però è un’emanazione del Padre che esce e torna, non è chiamato Dio.

Autore:                       TEOFILO DI ANTIOCHIA

Epoca:                       II secolo, morto nel 186.

Scritti o passi:           Ad Autolucum.

Gn.1,26; Gv.1.

Novità:                       Termine TRIAS = trinitas per specificare la Trinità: Padre – Figlio – Spirito Santo.

In Autolicum fa riferimento ai tre giorni che precedono la creazione dei luminari, parlando di Trinità.

In Gn1 parliamo della teoria del: LOGOS IMMANENTE che è presente in Dio prima di essere generato, nel momento in cui viene generato è proferito. Il LOGOS PROFERITO è il LOGOS che Dio stesso emana, genera per creare il mondo.

Padre:                        La paternità di Dio è riferita alla creazione, perché proprio nella creazione si può leggere la monarchia e l’unicità di Dio.

Figlio:                         Cristo ha un carattere universale nella mediazione creatrice e quindi la creazione porta in se i semi di Cristo.

Spirito Santo:           Lo Spirito viene incluso nella TRIAS, li dove si parla di Sapienza. La Sapienza è lo Spirito Santo, questa Sapienza è presentata insieme al LOGOS, ed in alcuni testi è il LOGOS stesso.

Conclusione.

Nella riflessione degli apologisti è importante la dottrina del LOGOS in cui la generazione del VERBO in processo consono della natura spirituale divina, cioè un processo dell’intelletto. Ma questa dottrina ha un limite: riguarda la mancanza di chiarezza dell’eternità di generazione del LOGOS.

LA TEOLOGIA TRA LA FINE II SECOLO E IL III SECOLO

SCHEDE

Autore:                       IRENEO DI LIONE (vescovo)

Epoca:                       Tra il II e III secolo – 202/203

Scritti o passi:           Pr. 8,22; Is. 53,8

Minaccia:                  GNOSI: coloro che ritenevano di salvarsi attraverso la coscienza.

Novità:                       Sia ha l’unione tra l’Oriente e l’Occidente. Egli vuole salvaguardare la fede. Nascita di una formula ternaria, strutture ternarie:

Linea Ascendente: Spirito Santo – Figlio – Padre. Lo Spirito e il Figlio intervengono nell’opera creatrice del Padre.

Linea Discendente: Padre – Figlio – Spirito Santo. Sono in relazione all’opera creatrice e all’opera di salvezza.

Is. 53,8 si dice che: “La generazione è da sempre. il Figlio coesiste con il Padre.

Padre:                        E’ il Dio ờ θξơЅ (o THE). Il Padre si rivela grazie al Figlio. “Questo è il creatore: secondo l’amore è Padre, secondo la potenza è Signore, secondo la Sapienza è colui che ci ha fatti e plasmati”. Ireneo parla della paternità di Dio in relazione al suo amore nei nostri confronti.

Figlio:                         Il Figlio è Dio, è l’uomo che ci fa conoscere il Padre, lui pensa che c’è una certa subordinazione, in quanto non hanno gli stessi attributi. Non usa neanche il termine HO USIOS in quanto provoca una certa ambivalenza.

Spirito Santo:           Nella creazione è l’anima, il soffio divino che viene da Dio. Nella salvezza è il “Sempieterno” colui che guida gli uomini verso la vita eterna. Per Ireneo la Sapienza è lo Spirito Santo e non il Figlio. Abbiamo anche un parallelismo tra la creazione di Eva e il Logos.

Parallelismo:

Adamo           –           Eva

Padre

Figlio              –           Spirito Santo

 

Abbiamo una processione dello Spirito. lo Spirito Santo procede dal Padre attraverso il Figlio. Il Figlio è il substrato dal quale il Padre fa uscire lo Spirito.

Autore:                       TERTULLIANO

Epoca:                       220

Scritti o passi:           Adversus Praxean: lo scrive contro Prassea il quale sosteneva  che a nascere e a morire era il Padre.

Regula fidei: è simile al Credo.

Pr. 8,22

Gv. 10,30: “Io e il Padre siamo una cosa sola”. Questo passo sottolinea come i tre sono uniti, da qui scaturisce l’unità nella divinità.

Minaccia:                  PRASSEA.

Novità:                       Creatore  del vocabolario trinitario afferma l’unità divina, viene ripreso il termine TRIAS. Afferma l’unità nella distinzione. Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono uniti per SOSTANZA, STATO e POTENZA e sono divisi per MANIFESTAZIONE, GRADO e FORMA, in quanto si manifestano in modo diverso nei tre. Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono chiamati “PERSONAE”.

I tre partecipano dello stesso essere del Padre stesso, appartengono all’ordine divino e condividono lo stesso potere. Il   Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono inseparabili, quindi non c’è divisione. La distinzione tra Padre e Figlio nasce e scaturisce dalla funzione.

Padre:                        Il Padre è il punto di partenza, l’origine. Nell’economia salvifica vediamo che il Padre genera il Figlio.

Figlio:                         Tertulliano affronta la processione del Figlio e prende a modello la psiche umana in quanto è immagine dello Spirito divino. Distingue quattro fasi nella processione:

  1. FASE ETERNA. L’intelletto contempla se stesso. L’intelletto non ha ne inizio ne fine,.
  2. PRIMA DEL TEMPO, prepara all’economia salvifica. Dio passa dalla contemplazione di se, alla manifestazione.
  3. PRIMA DEL TEMPO Dio passa al concepimento della Parola (Pr. 8,22) che è ancora interiore.
  4. PRIMO GIORNO: “Dio creò la luce” momento in cui nasce la Parola, con una sua consistenza ed è distinta dal Padre. Il Figlio è l’immagine del Padre e lo Spirito non ha forma, è capace di dare il dinamismo nella vita dell’uomo, capace di accompagnarlo.

Spirito Santo:           Lo Spirito viene dal Padre mediante il Figlio, quindi il Padre è il principio anche dello Spirito, per cui Dio Padre è:

  1. Il principio remoto.
  2. L’agente principale di tutto.

Soltanto dal Padre deriva lo Spirito che il Figlio è capace di emanare da se.

Autore:                       IPPOLITO DI ROMA

Epoca:                       III secolo.

Scritti o passi:           Gv. 16,28.

Contra Noetum.

Minaccia:                  NOETO di tendenza PATRIPASSISTA. Il Paatripassismo dice che: “Il Padre si incarnava, soffriva e moriva”.

Novità:                       Ippolito va contro il patripassismo dicendo che: “Si, possiamo deire che prima del tempo Dio era solo, ma in realtà in Lui vi era il Logos e la Sapienza, tutto era in Lui”. Secondo lui esiste una relazione fra la processione eterna che avviene secondo lo Spirito e la processione umana che avviene secondo la carne con Maria. La prima è orientata alla seconda. Per Ippolito nella carne scende la potenza del Padre e non il Padre.

Gv. 16,28: “Sono uscito dal Padre e vengo”. Questo sottolinea la distinzione tra Padre e Figlio pur nell’unità di potenza. (la generazione del Figlio è una distinzione indivisa).

Padre:                        Dio manifesta il Logos per mezza del quale fa tutte le cose.

Figlio:                         Il Logos è frutto della volontà di Dio, con l’atto creativo c’è la distinzione tra Dio e il Logos. Il Logos è una generazione divina, frutto della volontà del Padre, Lui lo genera in ordine alla creazione del mondo, di conseguenza l’unicità di Dio è compatibile con l’economia salvifica.

Spirito Santo:           Ippolito non parla mai dello Spirito come persona, anche se utilizza la forma triadica.

Autore:                       ORIGENE

Epoca:                       254

Scritti o passi:           Gv. 17,3;  Sap. 7,25-26.

Minaccia:                  Alcuni negano l’individualità del Figlio.

Novità:                       Terminologia: Origene rientra nella teologia trinitaria alessandrina.

  • Determina l’evoluzione della teologia trinitaria.
  • Parte da un commento al Vangelo di Giovanni, coloro che partecipano alla divinità di Dio devono essere chiamati Dio.
  • In Origene si sottolinea la figura del Padre. Il Padre ha generato il Figlio e questa generazione è costerna, cioè il Figlio è stato generato prima dell’incarnazione e quindi ha una sua sussistenza precedente a quella corporea.
  • Usa l’idea dello splendore della luce per spiegare la relazione che vi è tra Padre e Figlio nell’economia salvifica, il Padre è la luce e il Figlio è lo splendore di questa luce e la Parola ci disvela questo mistero.
  • L’unità tra il Padre e il Figlio, secondo Origene e data dall’unità del volere e dell’agire.
  • Abbiamo due schemi trinitari: linea ascendente e la linea discendente. Sembra prevalere la linea discendente. Il Figlio e lo Spirito sono correlati e riferiti al Padre.
  • Funzione subordinata dello Spirito, perché il Logos esaurisce la funzione tra Dio e il mondo. Sembra che lo Spirito non abbia nessuna funzione.
  • La tradizione unisce lo Spirito al Figlio, allo Spirito si attribuisce la santificazione dell’uomo e l’ispirazione della Sacra Scrittura.
  • Origene ha dimostrato qual è la relazione fra i tre e come sono uniti nella confessione di fede e nell’opera della Scrittura. Tre ipostasi, tre sussistenti distinti all’interno della divinità.

Padre:                        “Dio è Dio in se”. Gn.13,3 è colui che trascende in tutto. Dio è immutabile, il Padre non è altro che il Dio in se, quindi è il principio di tutto perché anche il Figlio deriva da Lui. Dio è da sempre il Padre, in quanto da sempre ha generato il Figlio.

Figlio:                         Il Figlio viene superato da Dio, è chiamato “secondo” Dio”. Il Figlio manifesta Dio agli uomini. Il Figlio è l’effluvio di: EMANAZIONE, IMMAGINE, SPLENDORE, MADIATORE. Da sempre il Figlio emanato da Dio condivide la Gloria dell’Onnipotente. Bisogna riaffermare la sua individualità in quanto ha una sua sussistenza personale. È figlio per volere di Dio, per questo possiamo dargli il titolo di persona. Il Figlio procede dal Padre come la volontà della mente.

Spirito Santo:           Lo Spirito afferma che non è ne generato, ne ingenito perché solo il Padre è ingenito. Questo Spirito viene sicuramente dal Padre e dal Figlio ma anche dall’eternità, quindi i tre sono costerni.

Lo Spirito è il primo degli esseri fatti mediante il Verbo, non è fatto dal nulla, ma è il primo degli esseri derivato dal Padre per mezzo del Figlio.

Il compito dello Spirito è quello di dare i doni di Grazia del Padre dispensati da Cristo.

Autore:                       NOVAZIANO

Epoca:                       257

Scritti o passi:           Gv. 10,30.

De Trinitate.

Minaccia:                  SABELLIO.

  • Novità: L’unione non implica l’identità personale (come diceva Sabellio) che seguiva la via dei patripassisti). In Novaziano non tanto unità di sostanza, ma unità di amore, concordia, somiglianza, carità. Gv.10,30: “I due sono una cosa soia”.

Padre:                        Il Padre è in relazione alla creazione, è colui che è fonte di tutto, genera tutto ed ha un Figlio che è detto anche Dio. Colui che genera è il principio.

Figlio:                         Il Figlio è visto come colui che non toglie niente al Padre e siccome procede da Dio è anch’egli Dio. Tutto ciò che ha ricevuto, lo ha ricevuto dal Padre. Il Figlio non dobbiamo metterlo allo stesso livello, perché non è principio, quindi in qualche maniera è inferiore. Si può parlare di indipendenza. Lui era già nel Padre dall’inizio e venne generato quando “EGLI VOLLE”. Il Figlio ha il principio nel Padre, quindi la sua persona è eterna.

Spirito Santo:           Il De trinitate al cap.29, parla dello Spirito. lo Spirito non è chiamato persona, ha un carattere divino. Lo Spirito è sempre lo stesso, sia nell’A.T. che nel N.T., la presenza dello Spirito diventa piena e risiede nella Chiesa dove abita, dopo la risurrezione di Cristo.

Autore:                       DIONIGI D’ALESSANDRIA

Epoca:                       264

Accuse contro di lu a Roma:

Dionigi viene accusato di tesi subordinazioniste. Ciò che lui dice viene traviato e quindi vengono fatte delle accuse contro di lui:

  • Nega l’eternità del Figlio, quindi Dio non è da sempre Padre.
  • Nega la consostanzialità del Figlio al Padre, dicendo che il Figlio non è consostanziale al Padre.
  • Il Figlio è creatura ed ha iniziato ad essere.
  • Dicono che nomina il Padre senza il Figlio e il Figlio senza il Padre.

Difesa di Dionigi:

  • Dionigi nega ciò di cui era accusato, anzi afferma l’unità e la Trinità.
  • Il Padre e il Figlio sono da sempre l’uno nell’altro, c’è quindi eternità di generazione. Dio è da sempre Padre.
  • Il Figlio è lo splendore del Padre, egli viene presentato come “luce da luce”.
  • Si difende dall’accusa di non usare il termine HOMOOUSIOS TO PATRI’, invece lui accetta l’Hmoousios, ma non lo usa perché non c’è nella Sacra Scrittura.

Autore:                       DIONIGI DI ROMA

Epoca:                       264, contemporaneo di Dionigi d’Alessandria.

Scritti o passi:           Gv. 14,20;  Pr. 8,22;   Gv.10,30.

Minaccia:                  I Sabelliani che affermano che vi è un solo Dio in una persona.

Novità:                       Risponde alle accuse contro Dionigi di Alessandria.

Difende la monarchia contro la trilogia di dei.

Sottolinea l’unità di Dio-Trino, la divina trinità deve avere un’unità nel PANTOCRATORE: Dio-Padre.

  • In Pr. 8,22: “Il Signore mi ha creato…”, nella Scrittura questo CREATO non deve essere inteso in termini di creazione, ma come generazione misteriosa.

Padre:

Figlio:                         Il Figlio è generato perché se fosse creatura si nega la Sua divinità. Il Figlio esiste da sempre nel Padre.

Gv. 10,30: “Io e il Padre siamo una cosa sola”. Il Verbo è unito al Padre. Gv. 14,10: “Io sono nel Padre e il Padre è in me” esiste da sempre è ABETERNO.

Spirito Santo:

LA CRISI ARIANA E IL CONCILIO DI NICEA IV SECOLO

SCHEDE

Ci troviamo tra la fine del III secolo e l’inizio del IV secolo. Nel mondo cristiano nasce la crisi Ariana (207). Con la crisi si apre la problematica dell’identità di Cristo. Della dottrina si negava l’identità di Cristo Salvatore. Ario diceva che Cristo non è Dio. Queste problematiche verranno risolte dal Concilio di Nicea del 325.

Il Concilio di Costantinopoli (381) risolverà la problematica della divinità dello Spirito Santo.

Autore:                       ARIO

Epoca:                       Nasce nel 260 D.C.

Scritti o passi:           Gv. 14,28; Gv. 10,30; Col. 1,15; Prov. 8,22; Mc. 10,18; Mt. 26.

Minaccia:                  SABELLIO.

Novità:                       – Generazione = Creazione.

– Cristo è privilegiato da Dio, ma è sempre una creatura.

  • Nega la divinità del Figlio.
  • Lui vuole salvaguardare l’unicità di Dio, perché secondo lui se il Figlio fosse stato Dio, Dio sarebbe sminuito.
  • Rifiuta ogni forma di generazione.

Ario interpreta i testi biblici in maniera diversa:

Gv. 10,30: “Io e il Padre siamo una cosa sola”. Unione di volontà e non di sostanza. Il Figlio non partecipa della volontà del Padre.

Gv. 14,28: “Il Padre è più grande di me”. Sembrerebbe un testo subordinazionista, però Ario in un primo momento non lo prende in considerazione.

Col. 1,15: si parla di creaturalità.

Prov. 8,22: “Il Signore mi ha creato…”. Gli ariani si rifanno a questo testo per sottolineare la creaturalità.

Mt. 26: “La mia anima è triste fino alla morte”. Mostrano la sofferenza e l’angoscia di Gesù, quindi Gesù non è Dio.

  • L’idea di Ario si inserisce nel contesto storico, perché egli risente degli schemi ellenisti di quell’epoca. Lui usa il termine di MONAS per dire che il Padre è Dio, dal quale tutto proviene, mentre il NOUS e il secondo Dio (Figlio), al terzo posto c’è la materia (mondo) che il Demiurgo produce. Quindi risale a dei termini platonici.
  • Si ha anche un problema soteriologico perché il Figlio crea il mondo ma non è Dio, il Figlio e lo Spirito Santo poiché creature non possono offrire nessun accesso diretto dell’uomo a Dio, con ciò se nega la Rivelazione di Dio e la mediazione salvifica, così chiude la fede in schemi previ.

Padre:                        Il Padre è ipostasi distinta dal Figlio perché è senza principio; nessuno gli è consostanziale.

Dio inizia ad essere Padre, non è Padre da sempre.

Figlio:                         Cristo è creatura.

Ario afferma la sussistenza personale del Figlio, in quanto è creato.

Il Figlio non è un’emanazione, e tra Padre e Figlio non c’è un sostrato comune. Il Figlio ha un principio temporale.

Il Figlio proviene dal nulla, è generato in funzione della creazione.

  • PROBLEMA DELL’ANIMA DI GESU’. Gesù ha sofferto pienamente come uomo, quindi dobbiamo negare la sua divinità, perché Dio non poteva soffrire.

Spirito Santo:           Lo Spirito Santo è una creatura, viene negata la sua divinità.

Autore:                       ALESSANDRO D’ALESSANDRIA

Epoca:

Scritti o passi:           Gv. 14,28: “Il padre è più grande di me”. Quando mette in relazione Padre e Figlio sta ad indicare la somiglianza, la stessa natura.

Minaccia:                  ARIO.

Novità:                       – Alessandro risponde ad Ario: “La nostra fede si basa      sull’eternità della generazione del Figlio”.

  • Ammette la volontarietà della generazione.
  • Ribadisce la divinità del Figlio.

Padre:                        E’ Padre da sempre. È il principio.

Figlio:                         la somiglianza sta nel fatto che il Figlio è immagine del Padre.

La differenza sta nel fatto che il Padre è ingenerato e il Figlio è generato. Dice che il Figlio è Dio e non creatura.

Spirito Santo:           Lo Spirito Santo è accanto al Padre e al Figlio.

Lui ha agito nell’A.T. ed anche nel N.T.

Autore:  EUSEBIO DI CESAREA (Storico della Chiesa)

Epoca:                       IV secolo D.C.

Scritti o passi:

Minaccia:                  E’ un po’ vicino ad Ario perché richiama il concetto di monarchia. Come primato assoluto. È lontano da Ario perché dice che il Figlio è Dio.

Novità:                       Distingue le tre ipostasi come Origene seguendo l’ordine discendente, pone all’apice Dio Padre Onnipotente che genera il Figlio, il Figlio è Dio per partecipazione, quindi secondo Dio e il Figlio è creatore che rivela il Padre e salva il mondo.

La generazione per lui non è eterna, perché parla dell’effluvio.

  • Teologia ambigua. Il Figlio è inferiore al Padre.
  • Parla del Binitarismo Padre-Figlio in quanto si interessa della relazione Padre-Figlio.

Padre:                        Sottolinea l’unicità del Padre, Onnipotente e Onnisciente che detiene la monarchia.

Figlio:                         E’ generato e fa la Volontà del Padre. Eusebio sottolinea la divinità del Figlio.

Spirito Santo:           Nega la divinità, e dice che è creato dal Padre mediante il Figlio.

Autore:                       MARCELLO D’ANCIRA

Epoca:                       374 D.C.

Scritti o passi:           Gn. 1,26; Gv. 10,30. Lo interpreta nel senso dell’unità personale.

Prov. 8,22: si riferisce alla generazione umana di Cristo.

Minaccia:                  Erede del Sabellianesimo perché la sua teologia crea problemi alla esistenza della Trinità. Sembra più vicino ad Ario perché parla di un Dio Unico.

Novità:                       Accentua l’unità della Trinità (delle tre persone).

Il problema che vuole affrontare Marcello è: fino a che punto c’è una sussistenza personale del Figlio?

Padre:

Figlio:                         Il Logos esisteva prima del mondo perché era nel Padre come forza. Era uno con il Padre sia per sostanza che per persona.

Gn. 1,26: “Facciamo l’uomo”. È il Padre che si rivolge alla sua mente. Ma la sua mente è il Logos. Il Logos è mediatore della creazione, ma più come potenza del Padre. Con l’incarnazione la monade diventa DIADE e con l’effusione TRIADE.

Il Figlio diventa persona con la generazione umana (Diade).

Spirito Santo:           Lo Spirito sussiste come persona al momento dell’effusione.

Autore:                       CONCILIO DI NICEA

Epoca:                       325 D.C.

Scritti o passi:           1Cor. 8,6.

Minaccia:                  Ario. Il Concilio di Nicea si contrappone ad Ario e condanna l’arianesimo.

Novità:                       Nascita del Credo Niceno-Costantinopolitano. Sviluppa quattro punti:

  • Risposta alla crisi in seguito alla teologia ariana.
  • Sviluppo del Dogma Trinitario.
  • Parlano delle consostanzialità del Padre, chiave di tutto il Concilio. L’uso del termine non è chiaro anche perché non c’è nella Scrittura, però è importante per quello che nega, cioè che il Figlio non è una creatura, ma partecipa alla stessa divinità del Padre.

Padre:                        1. “Crediamo ad un solo Dio Padre Onnipotente”. Il Padre è l’unico Dio della Creazione. (1Cor. 8,6).

Figlio:                         2. “In un solo Signore Gesù Cristo…”. Gesù Cristo è Figlio di Dio, generato dal Padre, generazione unica e irripetibile. Gesù ha la stessa essenza (OUSIA) del Padre, ed è consostanziale a Lui.

  1. “Dio vero da Dio vero”. La tesi degli ariani viene schiacciata. Il Figlio è Dio per effetto della generazione, viene dall’essenza del Padre, quindi c’è compartecipazione del Figlio a tutto ciò che è del Padre.
  2. £Discese e si incarnò”. Si sottolinea l’umanità di Gesù, la sua umanità è legata alla sua divinità, incarnazione indispensabile per la salvezza degli uomini.

Spirito Santo:           Dello Spirito fa solo un riferimento. Dicono che lo Spirito è unito al Padre e al Figlio, e non dicono nient’altro, perché se ne occuperà successivamente il Concilio di Costantinopoli.

Le vicissitudini dopo il Concilio di Nicea.

Visto il Concilio di Nicea dobbiamo guardare al contesto storico in cui questo si inserisce.

Muore Ario. Ad Alessandria viene eletto il vescovo Atanasio con la morte di Alessandro. Un insieme di intrighi favoriscono il rifiorire delle tesi ariane; tanto si sono svegliate questa tesi che Marcello D’Ancira e Atanasio vennero deposti in quanto antiariani.

In questo contesto muore Costantino e gli succedono Costante filoniceno e Costanzo filoariano.

Marcello d’Ancira scrive al Papa Giulio, dicendo che: “Il regno del Figlio non ha fine”, parla del Logos che è preesistente, però tace sulla generazione. Questo suo parlare viene tollerato perché contro Ario.

Molti non sono contenti dei comportamenti del Papa, così ad Antiochia si raduna un Concilio contro il Papa nel 341.

Nel 342 in questo Concilio si condannano i termini radicalmente ariani, ma cerca di unire le formule antiariane più accettabili insieme agli elementi del Concilio di Nicea e da qui nel 342 nasce la quarta formula di Antiochia.

Nel 344 ci saranno altre formule antiariane. Nel frattempo muore Costante e sale Costanzo, filoariano, così gli ariani trovano spazio pure in Occidente. Questa teoria viene combattuta successivamente da Ilario di Poitier e dal Papa Anastasio.

In questi anni sembra trionfare l’arianesimo, ci sono un susseguirsi di Concili che favoriscono la scissione. Dietro questi eventi ci sono gli ariani più radicali detti della “II generazione”, portano avanti le loro tesi sottolineando che la natura divina è caratterizzata dalla mancanza di generazione, per cui il Figlio generato non può essere Dio, ma è una creatura superiore, si rifanno a Gv.14,28 e a Prov.8,22 per sottolineare la creaturalità di Cristo.

Dall’altra parte ci sono gli HOMOOUSIANI che sostengono le loro tesi, dicono che il Figlio è simile al Padre secondo l’essenza e non sottolineano l’uguaglianza e la identità, per salvaguardare la sussistenza del Figlio, affermano che il Figlio è veramente generato.

Rifacendosi ad una generazione che produce uno che è simile, tanto è vero che la prerogativa delle divinità del Figlio sono simili al Padre e non uguali. Anche lo Spirito sussiste dal Padre mediante il Figlio.

Autore:                       ATANASIO D’ALESSANDRIA

Epoca:                       328 D.C.

Scritti o passi:           Lettere a Serapione, Lettere Pneumatologiche, Pr.8,22.

Pr.8,22: “Il Signore mi ha creato”. Creazione della Sapienza, nascita corporale che assume significato nel momento in cui l’uomo si allontana da Dio a causa del peccato. Può essere riscattato solo da Dio. Quindi questa incarnazione serve per riscattare e divinizzare l’uomo in modo che abbia accesso a Dio.

Minaccia:                  ARIO.

Novità:                       Subisce cinque esili. Coeternità del Padre e del Figlio.

La Trinità non dipende dalla creazione, esiste da sempre.

La generazione ci fa capire la processione del Figlio. Non dobbiamo intenderla a mo di creazione.

La generazione umana è temporale e la generazione divina è eterna.

Dio è stato obbligato a generare? No, perché appartiene alla sua volontà al suo essere.

Padre:                        La generazione di Dio è eterna perché la sua natura è completa. In Dio nulla è involontario, quindi parla di unicità di sostanza.

Figlio:                         E’, l’immagine del Padre. È coeterno al Padre. Il Figlio è mediatore della creazione, da tutta l’eternità. Il Figlio non va visto come inferiore al Padre. Il Padre e il Figlio sono un unico Dio. Una sola divinità, una sola essenza, OUSIA, unità di essenza. Il Figlio è potenza in se quindi è Dio. Figlio e Dio sono HOMOOUSIANI perché della medesima essenza.

Spirito Santo:           Parla dello Spirito nella Lettera e Serapione. Esso è da Dio, non è una creatura e appartiene alla Trinità. Unico Dio visto come unità di generazione della Trinità. Lo Spirito afferma di appartenere sia al Padre che al Figlio, così da stabilire due relazioni. Padre-Spirito e Figlio-Spirito.

In queste lettere troviamo uno sviluppo pneumatologico, si afferma solo la spiegazione della divinità dello Spirito. lo Spirito è Dio, consostanziale al Padre e al Figlio e la sua divinità è data dal suo agire salvifico accanto al padre e al Figlio. Non dice mai esplicitamente che lo Spirito Santo è Dio, anche se spiega solamente formula.

Autore:                       ILARIO DI POITIER

Epoca:                       367 D.C.

Scritti o passi:           Mt. 28,19; Pr. 8,22; Gv. 14,28.

Minaccia:                  Ariani per la creaturalità del Figlio.

Sabellio perché dice che Dio è solitario. Invece Ilario nega la solitudine di Dio.

Novità:                       Mt. 28,19: formula battesimale spunto di partenza nella riflessione trinitaria. Lui vuole salvaguardare l’unità divina la cui fonte è il Padre e vuole salvaguardare anche la Trinità.

Gv. 5,26: afferma l’unica natura divina del Padre e del Figlio.

Prov. 8,22: “Il Signore mi ha creato”. Reinterpreta il testo, quando si parla della creazione e della natura umana di Gesù.

Gv. 14,28: “Il Padre è più grande di me”. Questo termine PIU’ GRANDE lo dobbiamo vedere in un’ottica divina, perché la natura divina rimane uguale, vuole indicare solo che il Padre è principio e che il Figlio è colui che riceve.

Padre:                        Il Padre è AUCTOR, perché è principio. Dio è sempre Padre.

Figlio:                         Il Figlio è rivelazione perfetta del Padre, il Figlio ha una vera sussistenza. Il Figlio è il Verbo, quindi è Dio.

Utilizza una metafora, definisce il Figlio come “LUCE DA LUCE”. La generazione è il fondamento dell’unità del Figlio con il Padre. Il Figlio non è una creatura, ma riceve dal Padre la stessa natura.

Questa generazione è insita nella natura divina. I due creano insieme l’uomo, ciò mostra l’unità di sostanza. La generazione è il fondamento dell’unità tra il Padre e il Figlio. La generazione così intesa elimina il subordinazionismo.

Il Figlio è uguale al Padre in tutto eccetto nella paternità.

Dio dona tutto completamente al suo Figlio, anche nella natura umana, lui è pienamente Figlio nel momento in cui la sua natura viene glorificata. Quindi possiamo dire: DIO DA DIO, per Ilario questo ha importanza, perché il Figlio è consostanziale al Padre nella natura, nella potenza e nell’amore.

Spirito Santo:           Lo Spirito Santo è dono unito al Padre e al Figlio e non una creatura, però non c’è ancora una teologia trinitaria ricca.

I principali avvenimenti dal 361 al 381

Dopo la morte di Costanzo viene eletto Giuliano l’Apostata l’imperatore che abbandona il cristianesimo, è di larghe vedute e da maggiori libertà.

Nel 362 viene fatto un Concilio che passa alla storia come lettera Sinodale conosciuta come THOMUS ANTIOCHENOS. A questa lettera partecipò in modo decisivo Atanasio. In questa lettera si parla di tre ipostasi, ma non vuol dire che sei ariano o sobelliano, in verità si parla di tre realtà sussistenti ed esistenti nella Trinità. I sostenitori di una sol OUSIS affermano che lo Spirito e il Figlio procedono dal Padre, erano una sola essenza o natura con Lui (Padre). Così questi concetti potevano essere conosciuti come ortodossi. Intanto nel 369 diventa imperatore Valente il quale fa rifiorire l’arianesimo. Nel 379 con Basilio di Cesarea si oppone fermamente agli ariani e inizia un cammino di trionfo per la fede nicena. Importante in questo periodo (374) i testi di Papa Damaso dove si afferma inoltre che i tre permangono sempre. Dello Spirito Santo si afferma che è una sostanza è una virtù che non può essere separata dal Padre e dal Figlio, quindi si parla già di tre persone e della loro unità. La questione dello Spirito sarà affrontata nel 360 periodo in cui ci sono due correnti:

  1. MACEDONIANI: seguono la linea: lo Spirito è servitore di Dio come gli angeli e non della stessa sostanza di Dio.
  2. PNEUMATOMACHI:

I PADRI CAPPADOCI.

I grandi  pilastri che hanno difeso il DOGMA di Nicea sono Atanasio in Oriente e Ilario di Poitier in Occidente.

Loro hanno puntualizzato: la paternità di Dio sia dal punto di vista soteriologico, sia per quanto riguarda la figliolanza divina, non hanno invece approfondito ne l’importanza dell’HOMOOUSIOS ne il problema dell’unità. Questo lo faranno i cappadoci. Per affrontare i cappadoci dobbiamo conoscere la dottrina ariana che si è sviluppata con Eunomio. Eunomio afferma che Dio è ingenito e quindi ci nega la divinità del Figlio. Dio non genera, quindi non rende nessuno partecipe della sua natura.

Nella sostanza divina quindi non c’è ne differenziazione, ne separazione. Quindi il Figlio è inferiore al Padre e quindi non c’è comunione di sostanza tra i due. Per quanto riguarda lo Spirito Eunomio dice poco, dice che è il terzo in ordine di dignità e natura.

Autore:                       BASILIO DI CESAREA

Epoca:                       330 D.C.

Scritti o passi:           Contro Eunomio; De Spiritu Sancto; Gv. 5,19; 1Cor. 1,24; Gv. 14,28; Gv. 1,2.

Minaccia:      EUNOMIO

Novità:                       TERMINOLOGIA: E’ impossibile definire la sostanza divina.

Il Padre e il Figlio sono termini relativi e non assoluti. Questi termini sono importanti per lo sviluppo della teologia trinitaria futura.

Distingue la relazione di provenienza e la successione cronologica.

Gv.1,2: “Era”. Continuità di tempo, ci fa capire che il Figlio è sempre stato con il Padre.

I tre sono distinti, hanno in comune la natura. Unità nella sostanza, ma proprietà distinte che non rompono la sostanza comune. L’unione dei tre è chiamata KOINONIA.

Il Padre e il Figlio hanno la divinità comune, mentre la paternità e la figliolanza sono proprie di ciascuno. Non vi è nessuna differenza di natura tra luce ingenita e luce ingenerata.

Padre:                        Dio si conosce solo attraverso il Figlio e lo Spirito, nell’uguaglianza di potere che è data dall’identità di natura.

Dio è ingenito. Ingenito è una parola che ci aiuta a comprendere chi è Dio.

Gv. 14,28: “Il Padre è più grande di me”. Il Padre è principio di tutte le cose, quindi anche del Figlio.

Figlio:                         Gesù è della stessa natura del Padre, è generato ed eterno.

Spirito Santo:           Lo Spirito Santo non è una creatura e lo considera nella triade divina.

Il De Spiritu Sanctu del 375 sviluppa la questione dello Spirito unito al Padre e al Figlio, nella formula tradizionale. Lo Spirito opera anche nella creazione. Lo Spirito è colui che distribuisce doni, è capace di divinizzare. La grandezza dello Spirito la possiamo vedere da come agisce Gesù.

Autore:                       GREGORIO NAZIANZENO

Epoca:                       389/390

Scritti o passi:           Gv. 15,26: parla della processione dello Spirito.

Minaccia:

Novità:                       Affronta la distinzione delle ipostasi e l’unità divina.

Differenze sullo Spirito tra Basilio e Gregorio: Basilio lo mette in relazione a noi, al Padre e al Figlio, Gregorio presenta lo Spirito in relazione al Padre per indicare l’origine dello Spirito. Egli è il primo che utilizza la parola PROCEDERE. Le tre persone sono eterne, tra Padre e Figlio c’è identità della natura.

Gregorio ricorre alle categorie ribadendo che i termini Padre e Figlio esprimono la relazione che vi è tra i due.

Sarà il primo ad utilizzare in modo specifico il termine HOMOOUSIOS. I tre sono l’unica divinità. Unità e Trinità in Dio.

Padre:                        Il Padre è senza principio. In Dio non si ripete nulla.

Figlio:                         E’ generato, è l’unigenito perché unica è la generazione.

Spirito Santo:           Abbiamo la processione dello Spirito, in quanto è Colui che procede senza essere generato. Lo Spirito procede dal Padr ma non è generato.

Autore:                       GREGORIO DI NISSA

Epoca:                       395 D.C.

Scritti o passi:           Gv. 1,2 per sottolineare che la generazione è un atto eterno.

Minaccia:                  UNOMIO.

Novità:           Risponde ad Eunomio alla differenza tra il GENERATO e l’INGENITO, dicendo che la generazione divina è sempre un atto eterno. In Dio non c’è ne un prima, ne un poi. Afferma che l’essere increato è proprio della natura divina. Dobbiamo confessare la fede in un unico Dio secondo l’essenza e in tre persone.

Padre:                        E’ l’ingenito, il Padre dispone tutto.

Figlio:                         E’ il generato, ed è colui che compie tutto.

Spirito Santo:           E’ in comunione di natura con il Padre e il Figlio, non è ne generato ne ingenito. Lo Spirito è un essere increato. Lo Spirito compie tutto.

Autore:          I° CONCILIO DI COSTANTINOPOLI.

Epoca:                       381 D.C.

Scritti o passi:

Minaccia:

Novità:                       Ripresa del Credo di Nicea che viene rielaborato. Questo credo non si è molto diffuso perché si continuò a parlare del simbolo di Nicea, solo con Calcedonia del 451 si presenta come simbolo scaturito da Costantinopoli.

Padre:                        Il Padre è Creatore del cielo e della terra, si vuole sottolineare il dominio di Dio nell’Universo.

Figlio:                         E’ generato prima di tutti i secoli, si è incarnato per opera dello Spirito Santo. Tornerà nella gloria alla fine dei tempi e il suo Regno non avrà fine.

Spirito Santo:           Viene riconosciuto come divinità, verrà onorato e adorato come il Padre e il Figlio. Lo Spirito è indicato come Signore per dire che ha l’uguale dignità del Padre e del Figlio.

Non si fa riferimento all’essenza (HOMOOUSIOS), non è una creatura, non viene mai chiamato DIO apertamente comunque è divino.

Lo Spirito ha parlato per mezzo dei profeti, è in riferimento all’A.T.

Questo per sottolineare che lo Spirito ha agito prima e dopo Cristo. Lo Spirito Santo è visto come divinità e quindi terza persona uguale al Padre e al Figlio.

Da I al II Concilio di Costantinopoli.

I documenti più importanti di questo periodo che va dal I al II Concilio di Costantinopoli sono:

  1. La lettera a Papa Damaso, mandata dai vescovi d’Oriente perché non possono partecipare al Concilio. Tracciamo le linee essenziali del loro credo, affermano: l’unità dell’OUSIA nella distinzione delle tre ipostasi.
  2. Il TOMUS DAMASO all’interno del quale c’è una serie di condanne verso coloro che sono ritenuti in errore. Si dice: “Che il Padre, il Figlio, e lo Spirito Santo sono un’unica divinità, maestà e potenza, ma sono tre persone con uguale dignità, sono insieme come unico Dio che tutto creano e tutto salvano”.

Nell’arco di tempo tra il 331 e il 553 si inserisce il Concilio di Calcedonia del 451 che sulle linee dei Concili precedenti, in aggiunta sottolinea le due generazioni di Gesù Cristo, quella eterna e quella temporale.

Nel II Concilio di Costantinopoli del 553 si sancisce in modo definitivo e chiaro l’unità nell’essenza nella trinità delle ipostasi.

Il primo canone è trinitario, lo possiamo dividere in due parti:

Parte prima: si sottolinea l’unità dell’essenza nella distinzione delle tre persone.

Seconda parte: si riferisce a quest’unità e a questa distinzione dell’agire di Dio ad extra.

Da tutto questo appare che le tre persone sono uguali in divinità e natura. Quindi è un unico Dio.

Dobbiamo guardare Dio nell’unità dell’essenza e nella distinzione delle tre persone.

Alla fine della seconda parte c’è un riferimento allo Spirito Santo: “Si crede ad un solo Spirito, nel quale sono tutte le cose” e questo “nel quale” scaturisce dal pensiero di Atanasio e di Basilio che affermano l’unità dei tre. In questo canone si sottolinea per tre volte che uno solo è Dio, uno solo è il Signore e uno solo è lo Spirito Santo, quindi si sottolinea l’irripetibilità di ogni persona e che ognuna delle tre persone è interamente Dio.

I Concili Medievali.

Adesso vediamo quali sono i Concili che nel periodo medievale hanno esaminato la questione trinitaria.

Il primo è il IV Concilio Lateranense 1415, che risponde a Gioacchino da Fiore. Questo Concilio si oppone a ciò che Gioacchino rispondeva contro Pietro Lombardo. Gioacchino diceva che l’unità di Dio era una collettività quaternaria: il Padre, il Figlio e lo Spirito, più una sostanza comune, il Concilio rispondendo confessa che c’è una realtà suprema (SUMMA RES) che è la natura divina. Inoltre confessa che uno solo è il vero Dio, in tre persone con una sola essenza e una sola natura.

Il Padre genera, il Figlio nasce e lo Spirito procede.

Altri due Concili importanti sono quello di Lione 1274 e di Ferrara-Firenze del 1439 che tentano di riavvicinare le Chiese d’Oriente e d’Occidente che nel 1054 si erano separate per la problematica del filioque.

Concilio di Lione 1274.

Interessante è la confessione di fede dell’imperatore Michele Paledogo, afferma che tutta la divinità è nella Trinità, che ogni singola persona della Trinità è un solo, vero Dio, pieno e perfetto. Da questo testo si evince la tendenza di sottolineare l’unità divina più che la distinzione tra le persone.

Concilio di Firenze.

In questo Concilio troviamo dei decreti per i greci e per i giacobiti.

Decreto 1330 Giacobiti: “Si afferma che le tre persone sono un solo Dio, una cosa sola…”.

In quello per i greci del 1300 riprende il concetto dei Padri, cioè che lo Spirito Santo procede dal Padre per mezzo del Figlio, per far capire che il Figlio come il Padre è causa per i Greci, e per i latini è principio della sussistenza dello Spirito, poiché tutto quello che è del Padre è del Figlio e quindi il Padre lo ha donato al Figlio generandolo ad eccezione del suo essere Padre, così il fatto che lo Spirito procede al Figlio è perché il Figlio lo ha ricevuto sin dall’eternità dal padre.

Dalle missioni alle processioni divine.

Abbiamo visto finora che nei Concili precedenti si è preoccupati di definire la fede nella Chiesa dove si professa la divinità del Figlio e dello Spirito, che sono un solo Dio con il Padre. La successiva riflessione della Chiesa verte invece sull’onnipresenza di Dio. questo crea dei problemi e pone la domanda: “Come può colui che è onnipotente essere inviato in un luogo particolare?”. S. Agostino risponde a questa domanda affermando che la missione deve essere intesa come manifestazione, l’essere presente di Dio.

Attraverso queste diverse missioni vengono mostrate le diverse persone divine. Per cui il Padre ha mandato il Figlio, il Figlio è mandato e manda, e lo Spirito è mandato ma non manda.

Con ciò si ha la visibilizzazione o manifestazione nel tempo delle persone divine per attuare il piano di salvezza in modo libero, personale e qualificato. Di conseguenza è attraverso la missione che conosciamo l’unità e la distinzione in Dio.

Queste missioni però, ci rimandano all’origine in Dio del Figlio e dello Spirito e quindi alla generazione del Figlio e alla processione dello Spirito.

Le processioni divine. 

San Tommaso detto l’Angelo, dice che ogni processione presuppone l’azione di Dio. per cui San Tommaso rileva in Dio che non tutte le azioni divine hanno il loro effetto all’esterno, cioè sono (azioni ad intra) è fondamentale per la fede cristiana riguardo al discorso in Dio Uno e Trino.

Dio che ha in se la pienezza di vita e quindi non ha bisogno della creazione.

Per quanto riguarda la processione nella teologia latina si parla di generazione del Figlio e processione o spirazione dello Spirito, mentre nella teologia ortodossa fanno una chiara distinzione tra generazione del Figlio e processione dello Spirito, ciò sembrerebbe corretto in quanto in Dio tutto è unico e irripetibile. Però secondo la tradizione occidentale si è sempre intesa la processione in senso lato, quindi sia per lo Spirito che per il Figlio perché hanno la loro ragione d’essere nel padre. Però le missioni del Figlio e dello Spirito hanno caratteristiche diverse anche se usiamo lo stesso termine (mandare), in definitiva possiamo dire che la generazione del Figlio e la processione dello Spirito sono l’espressione della vita e della fecondità interna del Dio Uno e Trino.

Con Agostino per accostarci al Mistero della fecondità interna della vita divina, dobbiamo usare il paragone della vita interiore della mente umana, cose che non fa la teologia orientale, che tende a mettere in risalto la trascendenza e il Mistero del Dio Uno e Trino.

Le processioni divine e analogia della mente umana: Agostino e Tommaso. 

Agostino non parte dall’uomo per arrivare a Dio, ma vuole studiare questo mistero alla luce dell’immagine divina che il Creatore ha impresso nell’animo umano.

Per spiegare ciò parte da Gn. 1,26-2,7. Facendo riferimento a questo brano dice che nell’anima umana c’è la triade che è mente, amore, conoscenza o memoria, intelligenza, volontà. Ma l’uomo per essere veramente ad immagine e somiglianza di Dio, deve non solo conoscere e amare se stesso, ma conoscere e amare Dio, perché nella misura in cui ama e conosce Dio partecipa alla sapienza propria di Dio.

Agostino dice ancora che Dio genera il suo Verbo senza che si separi da lui, quindi non c’è separazione, è uguale a lui, il Figlio sta in rapporto. Noi possiamo vedere l’unione tra Padre e Figlio così come la Parola nasce in noi e non ci separiamo da essa.

Questo per quanto riguarda il Verbo. Per quanto riguarda lo Spirito, la relazione o processione è legata all’operazione della Volontà e dell’Amore, in quanto segue alla conoscenza. Però questo non significa che il Verbo di Dio e il nostro parlare possono essere paragonati.

Tommaso d’Aquino. In epoca medievale sviluppa la teologia della processione, il Verbo secondo l’operazione dell’intelletto presuppone che nella processione divina si ha un’azione che non ha un oggetto esteriore, ma che rimane nell’agente stesso.

Tommaso fa l’esempio dell’intelletto, la cui azione è comprendere, quindi rimane in colui che comprende, per cui l’azione intesa nella processione divina rimane nell’agente stesso.

La processione del Verbo la chiamiamo generazione perché avviene come un’azione intelligibile. La concezione dell’intelletto è la somiglianza della cosa oggetto dell’intellezione, e questo processo si ha in Dio, in quanto comprendere ed essere equivalgono, inoltre Tommaso riferito alla processione del Verbo dice che la processione secondo l’operazione dell’intelletto avviene sulla base della somiglianza e quindi che genera, genera il proprio simile. Invece per quanto riguarda lo Spirito Santo, la processione avviene secondo l’operazione della Volontà o dell’Amore che non avviene sulla base della somiglianza, perché nella volontà non c’è somiglianza, allora lo Spirito non è generato sennò ci sarebbero due Figli. Però la seconda processione presuppone la prima, infatti la processione dello Spirito Santo va vista in unione a quella del Verbo, ma pur nella differenziazione queste sono le uniche due processioni che si hanno in Dio, perché solamente il comprendere e l’amore sono le uniche azioni che restano nell’agente.

Le processioni divine e l’amore interpersonale: Riccardo da San Vittore.

Riccardo da san Vittore segue il filone dell’amore interpersonale per esprimere la ricchezza della vita divina.

Le relazioni divine.

Nell’ambito della teologia trinitaria dobbiamo sviluppare anche il tema delle relazioni in Dio che derivano dalle processioni, in quanto noi quando diciamo Padre, Figlio, Spirito Santo già indichiamo un ordine nel procedere e sottintendiamo una relazione, quindi, punto di partenza sono la generazione del Figlio e la sapienza dello Spirito Santo, ricordando che il Padre e il Figlio hanno la stessa sostanza e che i nomi non indicano una sostanza diversa, ma in relazione.

 

FONTE: Mistero di Dio mons.Ladaria – Appunti

Visualizzazioni: 565