La purificazione del cuore
Maria è “il libro nel quale è scritta la Regola nostra, perché in lei è scritto il Verbo“ (Cost. 22). Questa frase tratta dalle Costituzioni delle monache dell’Ordine dei fratelli della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo, vede in Maria – “la divina taciturna” (David Maria Turoldo) – la “parola vivente” di Dio sulle orme del Figlio.
Maria è la “Piena di Grazia”, è un privilegio a lei dato da Dio, ma a cui ha saputo rispondere, e che ha vissuto con totale donazione e la piena adesione della sua santa Volontà.
Anche lei, come tutti noi, ha comunque dovuto compiere il suo cammino personale di adesione al progetto di Dio nella sua vita.
Nell’episodio dell’Annunciazione per ben tre volte viene detto che Maria è vergine. L’angelo viene mandato “a una vergine“ (Lc 1, 27). Lei stessa dice di sé: “Non conosco uomo”. La purezza del cuore, invece, la troviamo bene espressa nella frase dettale dal vecchio Simeone: “E anche a te una spada trafiggerà l’anima“ (Lc 2, 35).
Maria, infatti, imparerà ad accogliere la Volontà di Dio non solo nella gioia, ma anche nella sofferenza e nel dolore. Parteciperà con il martirio del cuore alla passione redentrice del figlio. Ella diventa, così, un esempio per tutti noi per vivere la purezza, ciascuno nel proprio stato di vita, attraverso l’esercizio della virtù.
La purificazione del cuore sarà allora per noi il saper mettere Dio al primo posto nella nostra vita, ascoltare, accogliere e compiere la sua Volontà. Sarà il saperci perdonare sempre, il pensare bene degli altri, l’agire con intenzioni buone, il vedere sempre il lato bello e buono di ogni persona e situazione. È saper offrire il proprio dolore e accogliere anche la sofferenza come un dono di Dio, sull’esempio di Maria.
La contemplazione
Maria ha sperimentato la presenza di Dio in ogni momento della sua vita. Il punto più alto della sua contemplazione è coinciso con un’esperienza di preghiera in cui ha incontrato la potenza dell’Altissimo e la sua anima si è unita a Dio per opera dello Spirito Santo generando il Verbo. La sua contemplazione è divenuta vita!
Maria ci esorta, così, a vivere il nostro incontro con Dio nel silenzio, nella solitudine, nella preghiera e a saper vivere in comunione con Lui anche tutti gli altri momenti della nostra vita, fatti di incontri, di lavoro, di divertimento, densi di avvenimenti…
Maria, inoltre, “serbava tutte queste cose nel suo cuore“ (Lc 2, 51), dobbiamo imparare a fare memoria, a ricordare e ringraziare Dio per tutto quello che compie nella nostra vita.
Il servizio
Il servizio è stato vissuto da Maria in modo esemplare nell’aiuto portato alla cugina Elisabetta. Rileggiamo alcune frasi del celebre passo dell’evangelista Luca (Lc 1, 39-40): “39In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. 40Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta.”
– “Si mise in viaggio“;
– “Raggiunse in fretta…“;
– “Entrò nella casa“.
Sono tutti verbi che sottolineano l’agire di Maria. Affronta il viaggio, la fatica, il pericolo. Il suo servizio non è per una gratificazione personale, ma per compiere la Volontà di Dio. Anche nei primi anni di Gesù vissuti con lei e Giuseppe a Nazareth, quello di Maria è un servizio fatto nell’umiltà (Lc 1, 48) e nel nascondimento: “Fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazareth. Il bambino cresceva e si fortificava…” (Lc 2, 39-40).
Il servizio più doloroso è stato infine quello di accompagnare Gesù fin sotto la croce. Maria, così, ci insegna e ci invita al servizio umile, nascosto, perseverante, fedele anche nelle difficoltà, ci incoraggia ad alimentare lo spirito di sacrificio e il coraggio. Tutte cose da saper vivere nelle normali circostanze della vita quotidiana.
La fraternità
Come riferisce l’evangelista Matteo, Giuseppe “decise di licenziarla in segreto” (Mt 1, 19). Come per Giuseppe non fu facile credere al concepimento verginale per opera dello Spirito Santo, così anche per Maria non è stato facile accettare i dubbi legittimi di Giuseppe, ma Maria ha saputo tacere, qualità a volte indispensabile nella vita fraterna.
Accettare il giudizio altrui, senza dare spiegazioni, è segno di fiducia in Dio e negli altri.
A Betlemme, nell’imminenza della nascita di Gesù, Luca ci riferisce che “non c’era posto per loro nell’albergo” (Lc 2, 7). Maria ha accettato il rifiuto, l’indifferenza, ha saputo vedere nella mangiatoia un dono provvidente di Dio e ha saputo così accontentarsi di quel che ha trovato senza lamentarsi. Lascia il meglio agli altri, non pensa a sé, accoglie i pastori.
Così Maria ci educa a saper accettare il giudizio degli altri, anche quando è un rifiuto, l’incomprensione, ci insegna a saper tacere, a condividere la propria gioia, a sapersi adattare, ad avere pazienza. Ci educa nel dare attenzione agli altri, accettare anche gli inevitabili contrattempi, ci istruisce insomma su tutte quelle virtù indispensabili per la vita fraterna e il rapporto con gli altri.
“Non hanno più vino“ (Gv 2, 3). La dimensione della fraternità è sottolineata in modo particolare nell’episodio delle nozze di Cana. Qui viene suggerita l’attenzione alle necessità altrui e l’accettazione di un’incomprensione da parte del Figlio. Ecco dunque per noi un ulteriore invito di Maria a saper accettare anche l’incomprensione da parte delle persone a noi più care.
Liberi di scegliere
Nel “Magnificat” Maria dice: “Ha guardato la piccolezza [“tapèinosis” in greco] della sua schiava”. Queste parole – testimonianza di Maria, che troviamo nel vangelo di Luca (Lc 1, 48) ci suggeriscono che lo sguardo del Signore si posa sui piccoli, sui poveri. Egli è attirato dalla nostra piccolezza, che nella Madonna si rivela piena di disponibilità come esprime bene il termine “schiava”. Lo schiavo, come sappiamo, è completamente sottomesso e dipendente dal volere del suo padrone.
Però Maria non è schiava di un padrone qualunque, Maria è la schiava del Signore. A questo proposito Gesù, affermando che “non si possono servire due padroni” (Mt 7, 24), ci invita a fare una scelta, a prendere una posizione consapevole: di chi o di cosa vogliamo essere servitori?
Ancora nel Vangelo di Matteo possiamo riflettere sulla scelta del giovane ricco (Mt 19, 16 e seguenti), che desideroso di trovare la pienezza della vita chiede a Gesù: “Che mi manca ancora?” (Mt 19, 20b). La risposta del Signore è: “Se vuoi essere perfetto và, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo, poi vieni e seguimi” (19, 21). Ma il giovane, udito questo, se ne andò triste, scegliendo di non accettare l’invito di Gesù.
In Luca (Lc 1, 26 ss) troviamo invece la scelta di Maria, che risplende come disponibilità totale e senza riserve. All’annuncio dell’Angelo infatti, Maria ascoltò la voce di Dio e rispose: “Eccomi, avvenga di me quello che hai detto“ (Lc 1, 38).
Da questo breve confronto risulta evidente che la disponibilità riesce più facile a chi è povero e piccolo e non possiede molti beni, quelli che il giovane ricco non volle lasciare. E mentre al “no” del giovane seguì la tristezza, all’Eccomi di Maria seguì la gioia e l’esultanza, espressa nel canto del Magnificat: “L’anima mia magnifica il Signore, e il mio spirito esulta in Dio mio salvatore” (Lc 1, 46-47). Sì, perché quando Gesù ci suggerisce di rinunciare a qualcosa, è solo perché vuol donarci qualcosa di molto più grande. Maria lo ha creduto, e per questo – nello stesso canto del Magnificat, prosegue: “Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente e santo è il suo nome” (Lc 1, 49).
Anche noi vogliamo cantare come Maria, insieme a Lei, e perciò domandiamo il suo aiuto per dire il nostro “Sì” a Dio ogni giorno e a proclamare in eterno “la sua Misericordia, che si stende su quelli che lo temono” (Lc 1, 50).
Il segno delle nozze di Cana (Gv 2,1-12)
5Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».