
Evagrio Pontico, monaco e teologo del IV secolo, è uno dei padri della spiritualità cristiana che ha saputo descrivere con profondità e acutezza i movimenti interiori dell’anima. Nel suo trattato Gli otto spiriti della malvagità, Evagrio analizza le passioni che allontanano l’uomo dalla pace interiore e dalla comunione con Dio. Tra queste, l’ira occupa un posto centrale: un fuoco che divampa nell’anima, oscurando la ragione e trasformando l’uomo in una bestia feroce.
Attraverso una serie di immagini vivide e simboliche, Evagrio ci consegna una riflessione tanto antica quanto attuale, che ci invita a riconoscere i pericoli dell’ira e a coltivare invece la mitezza, unica via per fare dell’anima un tempio dello Spirito Santo.
1. L’ira come passione devastante
Evagrio definisce l’ira come “una passione furente” che “con facilità fa uscire di senno quelli che hanno la conoscenza” (Cap. 9 PG). Essa non è solo un’emozione passeggera, ma una forza distruttiva che “imbestialisce l’anima” e la allontana dalla sua dignità.
L’iracondo è paragonato a un “cinghiale selvatico e solitario” che, al minimo incontro, digrigna i denti (4). La sua mente è come una nebbia fitta (5), un cielo oscurato da nubi (6), incapace di vedere la luce della ragione. L’ira lo agita come un leone in gabbia che scuote i cardini (7), rendendolo prigioniero dei suoi stessi pensieri furiosi.
2. Il contrasto tra ira e pace interiore
Mentre l’ira turba l’anima, la mitezza la rende simile a un “mare tranquillo” (8), dove i pensieri puri, come delfini, nuotano in armonia. Il monaco magnanimo è una “fonte tranquilla” (9), capace di donare acqua limpida a chi ha sete, mentre l’iracondo offre solo acque torbide e velenose.
Gli occhi dell’uomo adirato sono “sconvolti e iniettati di sangue” (10), specchio di un cuore in tumulto. Al contrario, il volto del mite riflette “assennatezza”, e il suo sguardo, rivolto verso il basso, manifesta umiltà e controllo di sé.
3. L’ira come ostacolo alla preghiera
Uno degli insegnamenti più profondi di Evagrio riguarda il rapporto tra ira e vita spirituale. L’ira non solo allontana da Dio, ma rende sterile la preghiera:
- “Come il fumo della paglia offusca la vista, così la mente è turbata dal livore durante la preghiera” (16).
- “La sua preghiera è un incenso abominevole” (18), un suono sgradevole agli orecchi di Dio.
- “Il dono del rancoroso è come un’offerta colma di piaghe” (19), indegna di avvicinarsi all’altare.
L’ira contamina ogni atto religioso, perché Dio “fugge un cuore rancoroso” (14). Solo la mente pacifica può diventare “dimora della Santa Trinità” (12).
4. La via della mitezza
Se l’ira distrugge, la mitezza edifica. Evagrio ricorda che “la mansuetudine dell’uomo è ricordata da Dio” (11) e che “Cristo reclina il capo su uno spirito mite” (12). La mitezza non è debolezza, ma forza dominata, capacità di custodire la pace anche nelle tempeste.
Chi allontana l’ira dal proprio cuore non solo ritrova la serenità, ma diventa tempio dello Spirito Santo. Al contrario, chi nutre rancore diventa terreno fertile per “volpi e fiere” (13), simboli di pensieri malvagi e distruttivi.
Spegnere il fuoco, accogliere la pace
L’ira, per Evagrio, è un vento impetuoso che piega l’anima, ma non può abbattere chi ha imparato la mitezza. Il monaco (e, per estensione, ogni cristiano) è chiamato a vigilare sui propri pensieri, a non lasciare che il rancore “bivacchi nel recinto del cuore” (16).
Solo un’anima pacificata può pregare con purezza, amare senza veleni, e diventare rifugio della presenza divina. Come il mare in bonaccia accoglie i delfini, così il cuore sereno accoglie i pensieri di Dio.
Ecco la sfida: trasformare l’ira in perdono, il furore in pace, perché, come scrive Evagrio, “solo la mente pacifica diviene dimora della Santa Trinità”.
L’ira oggi: sfide e contesto
Nella società contemporanea, l’ira si manifesta in modi diversi:
- Frustrazioni personali: stress, relazioni conflittuali, delusioni.
- Rabia sociale: polarizzazioni politiche, ingiustizie, tensioni sui social media.
- Spiritualità superficiale: l’ira può mascherarsi da zelo religioso o giustizialismo, diventando un ostacolo alla carità.
Per Evagrio, l’ira è una delle otto passioni (logismoi) che allontanano l’anima da Dio, insieme all’orgoglio, all’avarizia e alla gola. La sua analisi è utile per un esame di coscienza moderno.
Evagrio Pontico e la lotta contro l’ira
- L’ira come ostacolo alla preghiera
Evagrio scrive: “Se vuoi pregare come si deve, non devi lasciare alcuna traccia di ira in te” (Sulla preghiera, 27). L’ira turba la mente (nous), rendendo impossibile la quiete interiore (esichia) necessaria per l’incontro con Dio.- Oggi: l’ira distrae dalla meditazione e dalla relazione con Dio, specialmente quando coltiviamo risentimenti.
- L’ira come passione legata all’orgoglio
Nel Trattato pratico, Evagrio spiega che l’ira nasce spesso da un’autodifesa ferita: ci adiriamo quando ci sentiamo minacciati nel nostro ego.- Oggi: sui social, l’ira è spesso una reazione a presunti “attacchi” alla propria identità o alle proprie idee.
- La medicina: la mitezza e il discernimento
Evagrio suggerisce:- Praticare la pazienza: “Il monaco deve essere come un angelo, non adirarsi mai con nessuno” (Sentenze).
- Trasformare l’ira in compassione: anziché giudicare, pregare per chi ci ferisce.
- Esame dei motivi profondi: spesso l’ira nasconde ferite non guarite o paure.
Come attualizzare l’insegnamento di Evagrio oggi?
- Silenzio e preghiera
- Fare memoria della pazienza di Cristo (cfr. 1 Pt 2,23).
- Praticare brevi pause di respiro e invocazione dello Spirito Santo prima di reagire.
- Disintossicazione digitale
- Evitare la sovraesposizione a notizie e discussioni che alimentano l’indignazione sterile.
- Direzionare l’ira verso il bene
- Come suggerisce Efesini 4,26: “Adiratevi, ma non peccate”, l’ira può essere trasformata in azione giusta (lotta alle ingiustizie con carità).
L’ira, se non governata, diventa un veleno per l’anima. L’insegnamento di Evagrio Pontico ci invita a vigilanza interiore e a purificare il cuore, perché, come scrive nei Kephalaia Gnostica, “la purezza della mente è la luce che rivela Dio”.
Oggi, in un mondo pieno di provocazioni, la sfida è vivere la mitezza evangelica senza cadere nell’indifferenza, ma con il coraggio della verità e della misericordia.
diacono Tonino Maiorana
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