
IV Domenica di Pasqua C (bianco)
«Alle mie pecore io do la vita eterna»
LEZ. FEST. Anno C (pag.205)
At 13,14.43-52: Ecco, noi ci rivolgiamo ai pagani.
Sal 99: Noi siamo suo popolo, gregge che egli guida.
Ap 7,9.14b-17: L’Agnello sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita.
Gv 10,27-30: Alle mie pecore io do la vita eterna.
” L’Agnello che ci guida: da gregge disperso a popolo amato”
Cari fratelli e sorelle in Cristo,
oggi la liturgia ci invita a sostare accanto al nostro Pastore, a contemplare la sua voce, il suo sguardo, il suo passo che guida e non costringe, che attira e non domina. È la Domenica del Buon Pastore. Ma c’è una sorpresa: il Pastore, che ci guida con fermezza e dolcezza, è anche l’Agnello immolato. L’Agnello è il Pastore. È Colui che ha attraversato la sofferenza per primo e che ora apre sentieri di vita per tutti.
Un popolo in cammino: chiamati anche i lontani (At 13,14.43-52)
Nella prima lettura, Paolo e Barnaba parlano in una sinagoga di Antiochia. Annunciano il Vangelo prima agli Ebrei, ma quando trovano resistenza, dicono con forza: “Ecco, noi ci rivolgiamo ai pagani”. Questa affermazione è una rivoluzione. Non c’è più un “popolo eletto” nel senso esclusivo. Ora il Vangelo è per tutti, senza distinzioni. È l’inizio di un nuovo gregge, un popolo radunato non dal sangue ma dalla fede.
Ecco un primo punto per noi: a chi ci sentiamo chiamati oggi?
Nelle nostre famiglie, nei nostri ambienti di lavoro, ci sono “pagani” moderni: non persone lontane da Dio per cattiveria, ma per ignoranza, per delusione, per ferite. Persone che aspettano qualcuno che, come Paolo, abbia il coraggio di dire: “Anche tu sei chiamato! Anche tu fai parte di questo gregge!”
Un gregge amato, non solo guidato (Sal 99)
Il Salmo ci invita a riconoscere che “noi siamo suo popolo, gregge che egli guida”. Ma non è un gregge qualsiasi. È un popolo amato, che canta e danza, che entra nelle porte del Tempio con gioia.
Nella nostra vita familiare, non siamo forse chiamati ad essere pastori gli uni per gli altri? Un genitore che accompagna il figlio adolescente, non è forse un “piccolo pastore” che con pazienza guida, ascolta, consola? Un marito, una moglie che si prendono cura l’uno dell’altra nelle fatiche del quotidiano, non sono anch’essi partecipi della missione del Pastore?
Il pastore non spinge. Non urla. Non costringe. Conosce le sue pecore per nome. E ciascuno di noi ha un nome, una dignità, un valore unico.
L’Agnello Pastore: la forza che viene dalla debolezza (Ap 7,9.14b-17)
Nel brano dell’Apocalisse, vediamo una moltitudine immensa, “di ogni nazione, razza, popolo e lingua”. Sono tutti davanti al trono dell’Agnello. E qui la sorpresa: l’Agnello sarà il loro Pastore.
È un’immagine bellissima e profondamente cristiana: colui che ha dato la vita diventa colui che guida. La forza del Pastore non è nel bastone, ma nelle piaghe. Egli ci guida non da sopra, ma da dentro la nostra sofferenza.
Pensiamo alle nostre ferite.
Alle delusioni che abbiamo vissuto, ai fallimenti, alle perdite. Eppure, è proprio lì che il Pastore ci raggiunge. Non ci evita il dolore, ma lo attraversa con noi. E lo trasforma.
Nei luoghi di lavoro, nelle fatiche quotidiane, possiamo imparare a vedere nell’Agnello il modello di una leadership nuova: chi guida deve sapere anche servire. Chi ha autorità deve esercitarla con compassione. Quante volte, in un ambiente ostile o competitivo, possiamo essere “pastori” portando una parola di pace, una presenza mite, un gesto di riconciliazione.
Io do la vita eterna: ascoltare la voce del Pastore (Gv 10,27-30)
Nel Vangelo, Gesù ci rivela il cuore della sua relazione con noi: “Le mie pecore ascoltano la mia voce… Io do loro la vita eterna”.
Ascoltare. In un mondo rumoroso, dominato da voci che promettono successo facile, piacere immediato, autonomia senza relazioni, ascoltare la voce del Buon Pastore è un atto rivoluzionario.
Ma come si riconosce la sua voce?
È la voce che ci chiama per nome. Che non ci accusa, ma ci rialza. Che ci guida senza violare la libertà. La voce che consola nel cuore della notte e ci ridà speranza quando tutto sembra perduto.
Nella preghiera, nel silenzio, nella Parola di Dio meditata e ascoltata in comunità… impariamo a riconoscere questa voce. E quando la riconosciamo, sappiamo anche noi diventare eco della voce del Pastore per gli altri.
Una chiamata alla testimonianza
Cari fratelli e sorelle, oggi il Signore ci dice che non siamo soli. Non siamo un gregge abbandonato, ma un popolo custodito. Anche se il mondo ci sembra confuso e diviso, anche se nelle nostre famiglie viviamo a volte tensioni o smarrimenti, il Buon Pastore è con noi.
E ci fa un invito: non solo a seguirlo, ma anche a diventare, con Lui, pastori umili, voci che guidano, mani che rialzano.
Che questa Eucaristia ci dia la forza per riconoscere la sua voce, per lasciarci guidare da Lui… e per guidare a nostra volta, nel piccolo gregge che ci è affidato: a casa, tra gli amici, sul lavoro.
Amen.
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