
Parlare dei giovani di oggi – in particolare di quella fascia fragile e preziosa che va dai 14 ai 20 anni – significa entrare in un territorio complesso, ricco di contraddizioni, ma anche di speranze.
È l’età in cui tutto sembra possibile e, allo stesso tempo, tutto appare fragile; un’età segnata da passioni improvvise, da entusiasmi travolgenti, ma anche da smarrimenti e silenzi che pesano come macigni.
Guardandoli da vicino – non solo da adulto, ma anche da diacono della Chiesa e da docente di religione cattolica in un istituto tecnico – vedo ragazzi pieni di energia e desiderosi di futuro, ma anche appesantiti da un vuoto interiore che spesso non sanno nominare.
Vivono immersi in un mondo digitale che offre mille contatti, ma che raramente costruisce relazioni autentiche.
Da soli appaiono spesso fragili, rinchiusi nei loro pensieri; in gruppo, invece, possono esplodere in aggressività, come se la forza del branco servisse a coprire le insicurezze personali.
Non è cattiveria: è un grido che dice “guardatemi, ascoltatemi, non lasciatemi solo”.
La famiglia: il primo grembo che educa
Ogni adolescente è figlio di una famiglia che porta con sé luci e ombre. Troppo spesso i genitori, pur amando i propri figli, sono distratti o assenti: il lavoro, i problemi economici, le tensioni quotidiane tolgono tempo ed energie. I giovani hanno bisogno di essere ascoltati, non giudicati; accompagnati, non sostituiti; amati senza condizioni, anche quando sbagliano.
Se nella casa manca il dialogo, il giovane cercherà ascolto altrove. E se non trova adulti credibili, rischia di rifugiarsi in modelli superficiali, nei social, in amicizie che non sempre lo portano al bene.
La famiglia resta la prima palestra di vita e, se non funziona, le fragilità dei figli diventano voragini.
La scuola: un baluardo di educazione e speranza
La scuola è uno dei pochi luoghi dove i giovani possono ancora sentirsi accolti, ascoltati e orientati. Non è soltanto un luogo di istruzione, ma un laboratorio quotidiano di educazione, socialità e crescita umana.
Gli insegnanti, i dirigenti e tutto il personale scolastico, ogni giorno, si spendono con dedizione e passione per offrire non solo conoscenze, ma strumenti di vita: educano al rispetto, al dialogo, alla responsabilità.
Nonostante classi numerose, strutture spesso inadeguate e mille difficoltà organizzative, la scuola rimane un punto di riferimento stabile per i ragazzi, soprattutto per coloro che non trovano sostegno altrove.
È vero: non sempre gli studenti percepiscono l’impegno degli adulti che hanno davanti, e a volte vivono la scuola come un obbligo. Ma la realtà è che i docenti non smettono di credere in loro, anche quando sembrano disinteressati o ribelli.
Dietro ogni insegnante c’è la fatica di chi lotta per aprire orizzonti, per non lasciare indietro nessuno, per costruire un futuro migliore.
Il grande limite è che spesso la scuola viene lasciata sola. Le istituzioni pubbliche non sempre la sostengono come dovrebbero: mancano investimenti seri in strutture, laboratori, progetti educativi a lungo termine. Così la scuola finisce per portare sulle proprie spalle il peso che dovrebbe essere condiviso da tutto il sistema Paese.
Da docente di religione cattolica all’Istituto Tecnico Tecnologico “Ettore Majorana” di Milazzo, vedo ogni giorno il volto concreto dei giovani: ragazzi brillanti, capaci, pieni di potenzialità, ma anche confusi e talvolta rassegnati. Non pochi vivono la scuola come un peso, non come un’opportunità. Eppure, quando li si ascolta davvero, quando si dà spazio al dialogo, quando ci si ferma ad incoraggiarli, emergono capacità insospettate e desideri di bene profondi.
La scuola è un luogo di passione educativa, non solo di istruzione tecnica.
Educa al pensiero critico, alla bellezza, al rispetto, al senso civico. Accende la curiosità, stimola la creatività, da strumenti per vivere, non solo per lavorare.
Il giovane non cerca professori perfetti, ma adulti che sappiano testimoniargli coerenza, passione e fiducia.
Le istituzioni: il dovere di garantire futuro
Molti ragazzi vivono in quartieri dove mancano spazi di aggregazione, centri sportivi, luoghi di cultura. Troppi si ritrovano a trascorrere interi pomeriggi davanti a uno schermo, perché fuori non c’è nulla che li attragga o che li custodisca.
Le istituzioni hanno il dovere di investire sui giovani: non solo con slogan, ma con politiche concrete. Non bastano bonus o progetti sporadici: servono spazi reali, palestre aperte, biblioteche vive, associazioni sostenute.
Soprattutto serve una prospettiva lavorativa: perché come può un ragazzo credere nel futuro se tutto intorno a lui gli ripete che “non c’è lavoro”?
Quando lo Stato e gli enti locali non offrono opportunità, si generano rabbia e frustrazione. I giovani non vogliono assistenzialismo: vogliono fiducia, strumenti, strade percorribili.
La Chiesa: una madre che deve tornare madre
E qui sento forte la mia vocazione di diacono. La Chiesa non può e non deve stare a guardare da lontano. I giovani non sono solo “da catechizzare” o “da tenere buoni fino alla Cresima”. Sono parte viva del popolo di Dio, sono il presente, non solo il futuro.
La Chiesa deve ascoltare i giovani, non solo parlare loro. Deve accoglierli con le loro fragilità, i loro dubbi, le loro domande talvolta scomode. Non possiamo aspettarli solo nelle sacrestie: dobbiamo andarli a cercare là dove vivono – nelle scuole, negli oratori, nei campi sportivi, perfino nel mondo digitale.
Deve offrire spazi di comunità vera: oratori che non siano solo sale giochi, ma luoghi di crescita umana e spirituale. Gruppi giovanili che non siano club chiusi, ma porte aperte dove ciascuno si sente accolto per quello che è.
E soprattutto, la Chiesa deve dare testimonianza di autenticità. I giovani non cercano discorsi perfetti, ma volti credibili. Vogliono vedere adulti che vivono ciò che dicono.
È questo che li affascina: la coerenza.
Il Vangelo ci ricorda: “Lasciate che i piccoli vengano a me” (Mt 19,14). Ma oggi quel “lasciate” significa togliere gli ostacoli che a volte siamo noi adulti, con le nostre incoerenze, le nostre rigidità, le nostre ipocrisie.
La Chiesa deve tornare ad essere madre: capace di abbracciare, correggere con dolcezza, accompagnare senza stancarsi.
E noi?
Alla fine, la domanda torna a noi adulti: cosa stiamo facendo davvero per i nostri giovani?
– Sappiamo ascoltarli senza giudicarli?
– Sappiamo testimoniare una vita coerente, capace di dire con i fatti ciò che predichiamo con le parole?
– Siamo pronti a investire tempo, energie e cuore, non solo progetti e programmi?
I giovani non sono il problema della nostra società: sono la sua più grande risorsa.
Dietro i loro silenzi e le loro ribellioni c’è una sete di amore, di verità, di giustizia.
Tocca a noi non deluderli. Tocca a noi camminare insieme a loro.
Forse la domanda che ci rimane nel cuore è questa: se i giovani si allontanano dalla famiglia, dalla scuola, dalle istituzioni e dalla Chiesa, non sarà perché siamo stati noi, per primi, ad allontanarci da loro?
Tra qualche giorno si apriranno i cancelli delle scuole e torneranno a riempirsi di voci, di passi e di sogni. Sarà un nuovo anno scolastico, con le sue fatiche e le sue sfide, ma anche con tante opportunità da cogliere.
L’augurio che sento di rivolgere, come diacono e come docente di religione cattolica, è che sia un anno di crescita autentica, in cui ciascun giovane possa scoprire i propri talenti e metterli a frutto; un anno di dialogo sincero tra studenti, insegnanti e famiglie; un anno in cui la scuola, pur tra le difficoltà, continui a essere casa che accoglie e comunità che educa.
Ai miei colleghi insegnanti auguro la passione di non stancarsi mai di credere nei ragazzi.
Ai genitori auguro di camminare accanto ai figli con fiducia e tenerezza.
Alle istituzioni auguro di non dimenticare che investire sui giovani significa costruire davvero il futuro.
E a voi, cari studenti, auguro che questo nuovo anno scolastico sia un tempo di amicizia vera, di entusiasmo, di impegno e di speranza. Non abbiate paura di sognare in grande, non abbiate paura di costruire il vostro domani: non siete soli, tanti adulti camminano con voi.
Che questo anno scolastico sia per tutti noi un’occasione per crescere insieme, con coraggio e con cuore.
Buon anno scolastico a tutti!
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