
Gaza sta morendo. Il tuo silenzio la uccide.
Un appello alla coscienza collettiva ispirato al comunicato della Comunità del Diaconato in Italia “Fermiamo lo sterminio di Gaza”
C’è un tempo per tacere, e un tempo per parlare.
Un tempo per restare a guardare, e un tempo per alzarsi in piedi e dire basta.
Oggi, mentre il mondo si rifugia nella prudenza diplomatica, Gaza grida.
E grida anche per noi.
Non è solo una terra devastata. È il volto piagato dell’umanità.
È il grido spezzato di bambini che non sanno più cosa significhi giocare, sorridere, vivere.
È la fame usata come arma. L’acqua trasformata in privilegio. La malattia lasciata libera di uccidere.
Nel comunicato della Comunità del Diaconato in Italia, forte, chiaro e profetico, si legge una verità che pochi hanno il coraggio di dire: non si tratta più di un conflitto. È uno sterminio.
Le parole che feriscono più delle armi
Un’operatrice umanitaria racconta:
“I bambini dicono ai genitori che vogliono andare in paradiso, perché lì almeno c’è da mangiare.”
Fermati un istante.
È questo il mondo che vogliamo difendere?
Un mondo in cui la fame è così potente da spingere i più piccoli a desiderare la morte?
Non si può restare indifferenti. Non si può tacere.
Perché chi tace oggi, è complice.
La Costituzione e la nostra coscienza
L’articolo 11 della Costituzione Italiana è un grido di civiltà:
“L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli…”
Ma non basta ripudiare con le parole.
Oggi siamo chiamati a testimoniare con i fatti.
Abbiamo la responsabilità morale, civile e spirituale di dire NO.
No alla guerra.
No alla fame usata come ricatto.
No all’uccisione dei bambini.
No all’indifferenza globale.
La mia riflessione personale: gridare per chi non può più farlo
Come diacono, come uomo, come padre, come essere umano, non posso restare in silenzio.
Ogni bambino ucciso è una sconfitta per il mondo intero.
Ogni madre che stringe al petto il corpo senza vita di un figlio è un’accusa alla nostra inazione.
Ogni sguardo spento nei campi profughi, ogni ospedale bombardato, ogni carestia provocata, ogni lacrima che scende inascoltata è un grido che dovrebbe raggiungere i nostri cuori prima ancora che le nostre orecchie.
La guerra è il fallimento dell’umanità.
La fame è il frutto della nostra ingiustizia.
L’uccisione dei bambini è l’ombra più oscura del nostro tempo.
E se oggi non gridiamo, quando lo faremo?
Artigiani di pace: il tempo è adesso
Papa Francesco parla della cultura della cura come via privilegiata per la pace:
“Impegnarsi per proteggere e promuovere la dignità di tutti… aprirsi alla compassione, alla riconciliazione, alla guarigione…”
È questa la vocazione di ogni cristiano.
Ma è anche la chiamata urgente di ogni uomo e donna che voglia essere davvero umano.
La pace non è solo un sogno. È una scelta concreta.
Richiede coraggio. Richiede azione. Richiede fede.
Un invito globale alla pace
Mi rivolgo a te, che stai leggendo.
Ovunque tu sia, chiunque tu sia, tu puoi fare la differenza.
Non lasciare che l’abitudine anestetizzi il cuore.
Non accettare come “normale” ciò che è disumano.
Non rimanere spettatore. Sii voce. Sii mano. Sii ponte.
Scrivi. Parla. Condividi. Agisci.
Educa i tuoi figli alla pace.
Chiedi ai tuoi governanti di intervenire.
Prega con le lacrime. Opera con le mani. Ama con forza.
Il mondo ha bisogno di pace. Ma prima, ha bisogno di persone che la costruiscano.
Gaza grida. E noi?
Noi che serviamo nel nome del Vangelo,
noi che crediamo nella giustizia,
noi che ogni giorno ci inginocchiamo davanti all’Eucaristia,
abbiamo il dovere di alzarci.
Non c’è più tempo.
Ogni ora che passa è una vita che si spegne.
Ogni silenzio è un’altra fossa scavata.
Gaza grida.
Rispondiamo con coraggio.
Rispondiamo con la pace.
Rispondiamo con tutto il nostro cuore.
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