
Evagrio Pontico, monaco e teologo del IV secolo, è celebre per la sua profonda analisi delle passioni umane, raccolte nell’opera Gli otto spiriti della malvagità. Tra questi, la superbia emerge come uno dei vizi più pericolosi, un vero e proprio “tumore dell’anima” che, se non curato, conduce alla rovina spirituale.
La natura della superbia
Evagrio descrive la superbia con immagini forti e simboliche:
“La superbia è un tumore dell’anima pieno di sangue. Se matura scoppierà, emanando un orribile fetore.” (Cap. 17)
Questa metafora medica evidenzia la sua natura corrotta e infetta. Come un ascesso che, una volta aperto, rivela la sua putredine, così l’orgoglio spirituale, quando giunge a maturazione, mostra tutta la sua devastazione interiore.
La superbia non nasce da sola: è preceduta dalla vanagloria, come il lampo annuncia il tuono. Chi si compiace dei propri successi spirituali, attribuendoli a sé stesso anziché a Dio, prepara il terreno per la caduta:
“L’anima del superbo raggiunge grandi altezze e da lì cade nell’abisso.”
La caduta del superbo
La superbia è un’illusione di autosufficienza. Evagrio la paragona a una roccia che si stacca dalla montagna e precipita velocemente, o a chi sale su una tela di ragno, destinato a cadere.
“Si ammala di superbia l’apostata di Dio ascrivendo alle proprie capacità le cose ben riuscite.”
Il superbo dimentica che tutto ciò che ha è dono di Dio (cfr. 1 Cor 4,7) e, invece di umiliarsi, si innalza, credendosi invincibile. Ma proprio quando l’albero è più carico di frutti, i suoi rami rischiano di spezzarsi. Allo stesso modo, l’abbondanza di virtù può umiliare la mente se non è sorretta dal timore di Dio.
Le conseguenze della superbia
Chi è dominato dalla superbia vive in un costante stato di angoscia:
“Di notte egli si immagina branchi di belve che l’assalgono e di giorno è sconvolto da pensieri di viltà.”
Abbandonato da Dio, diventa preda dei demoni, terrorizzato da ombre e rumori insignificanti. La sua anima, un tempo sicura di sé, ora trema al minimo stormire delle foglie.
Evagrio ricorda che la superbia fu la causa della caduta di Lucifero:
“La superbia precipitò l’arcangelo dal cielo e come un fulmine lo fece piombare sulla terra.” (Cap. 18)
Al contrario, l’umiltà innalza l’uomo verso il cielo, facendolo entrare nel coro degli angeli.
L’antidoto: l’umiltà
L’unico rimedio alla superbia è riconoscere la propria fragilità:
“Di che ti inorgoglisci, o uomo, quando per natura sei melma e putredine?”
L’uomo è polvere e cenere (Gen 18,27), destinato a tornare alla terra. Chi si esalta sarà abbattuto, mentre chi si umilia sarà innalzato (cfr. Lc 14,11).
L’umiltà è una cittadella inespugnabile, una corona che protegge (Dt 22,8). Chi la possiede non teme le cadute, perché cammina con passo sicuro, senza salire troppo in alto per non rischiare di precipitare.
La superbia, per Evagrio, è la più subdola delle passioni perché si insinua persino nelle virtù, corrompendole. Solo l’umile riconosce che ogni bene viene da Dio e, per questo, rimane saldo.
“Dio si piega alla preghiera dell’umile, è invece esasperato dalla supplica del superbo.”
La scelta è chiara: innalzarsi da soli e cadere, o umiliarsi ed essere elevati da Dio.
La superbia oggi: nuove forme di un antico male
- Superbia spirituale – Evagrio avverte che il demonio della superbia attacca chi già ha progredito nella vita spirituale, facendogli credere di essere “migliore” degli altri. Oggi, questo può manifestarsi nel disprezzo velato verso chi è meno “fervente” nella fede, nella ricerca di riconoscimenti per il proprio impegno ecclesiale, o nell’orgoglio per i propri carismi (preghiera, conoscenza teologica, opere di carità).
- Superbia intellettuale – L’orgoglio del sapere, denunciato da Evagrio, oggi si traduce nella tentazione di ridurre la fede a una questione di argomentazioni razionali, disprezzando chi ha una fede “semplice”. È il rischio dell’elitismo teologico o dell’adesione acritica a correnti ideologiche (progressiste o tradizionaliste) che dividono la comunità.
- Superbia delle realizzazioni personali – La società contemporanea esalta l’autorealizzazione e il successo, valori che possono infiltrarsi anche nella vita cristiana. Il rischio è attribuire a sé stessi i meriti di ciò che è dono di Dio (cfr. Praktikós 14), come il talento, il ministero, o persino la crescita interiore.
- Superbia digitale – I social media amplificano la tentazione di cercare approvazione, costruendo un’immagine di “perfezione spirituale”. Evagrio direbbe che questa è una trappola: la vera umiltà non ha bisogno di essere ostentata (Sui pensieri 24).
Come combattere la superbia secondo Evagrio
- Umiltà e discernimento – Evagrio insiste sull’esame dei pensieri (De oratione 71): riconoscere la superbia quando sorge, senza giustificarla.
- Gratitudine – Ricordare che ogni bene viene da Dio (Kephalaia Gnostica III, 28) smonta l’illusione di autosufficienza.
- Obbedienza e comunità – Per Evagrio, la relazione con un padre spirituale e la vita fraterna sono antidoti all’orgoglio, perché ci ricordano la nostra fragilità e interdipendenza.
La superbia oggi assume forme più sottili, ma resta radicata nell’idolatria del proprio io. La risposta è la stessa indicata da Evagrio: l’umiltà di chi, come il pubblicano del Vangelo (Lc 18,9-14), riconosce di aver bisogno della misericordia di Dio. Solo così la vita spirituale sfugge alla corruzione del più subdolo dei vizi.
Fonti:
- Evagrio Pontico, Trattato pratico (cap. 14-15)
- Evagrio Pontico, Gli otto spiriti malvagi
- De oratione (Sulla preghiera)
diacono Tonino Maiorana
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