
La natura subdola della vanagloria
Tra le passioni che affliggono l’anima umana, la vanagloria è una delle più insidiose. Evagrio Pontico, monaco e teologo del IV secolo, la descrive come un male che si insinua nelle opere di virtù, corrompendole dall’interno. Nel suo trattato Gli otto spiriti della malvagità, Evagrio dedica un’attenzione particolare a questo vizio, mostrandone i pericoli e suggerendo come combatterlo.
La vanagloria è l’amore per la lode umana, il desiderio di essere ammirati per le proprie azioni virtuose. Essa è come l’edera che, avvinghiandosi a un albero, sembra sostenerlo ma in realtà lo soffoca. Allo stesso modo, la vanagloria cresce insieme alle virtù, ma alla fine le distrugge, privandole del loro vero valore.
La vanagloria come corruzione della virtù
Evagrio utilizza immagini potenti per descrivere l’azione distruttiva della vanagloria:
L’edera e l’albero (2): come l’edera si attacca all’albero e ne dissecca le radici, così la vanagloria si nutre delle virtù fino a svuotarle di significato.
Il grappolo d’uva marcio (3): una virtù esposta alla vanagloria perde la sua freschezza, marcendo come un frutto gettato a terra.
La borsa bucata (5): i meriti delle buone opere si disperdono se compiute per vanagloria, come monete che cadono da una sacca rotta.
Il monaco vanaglorioso è come un lavoratore senza salario (4): si affatica, ma non riceve alcuna ricompensa spirituale, perché il suo cuore è rivolto alla gloria umana anziché a Dio.
La preghiera e l’elemosina vanagloriose
Uno degli insegnamenti più radicali di Evagrio riguarda la preghiera e le opere di carità compiute per essere visti:
La preghiera in piazza (12): chi cerca l’approvazione degli uomini prega in pubblico, mentre il vero monaco prega nel segreto della sua cella (cfr. Mt 6,5-6).
L’elemosina dimenticata (7): come il vento cancella le impronte sulla sabbia, così la vanagloria annulla il valore dell’elemosina.
La preghiera che non sale a Dio (8): una pietra lanciata in aria non raggiunge il cielo, e una preghiera fatta per piacere agli uomini non giunge a Dio.
La vanagloria è come uno scoglio sommerso (9): invisibile ma letale, capace di far naufragare l’intera vita spirituale.
Il monaco saggio e l’arte del nascondimento
Evagrio esorta il monaco a nascondere le proprie virtù, come un uomo prudente nasconde il suo tesoro (10). L’immagine dell’ape (11) è particolarmente significativa: il monaco deve raccogliere il nettare delle virtù in silenzio, senza ostentazione, producendo il miele della santità nel segreto del cuore.
La vita presente è paragonata a una strada piena di briganti (14): chi si vanta dei suoi beni spirituali attira ladri e invidiosi. Solo nella “città della pace” (13) simbolo del Regno di Dio si potrà godere in sicurezza dei frutti delle proprie fatiche.
La vanagloria e la falsa forza dell’anima
Paradossalmente, la vanagloria può dare un’illusione di forza (20):
Rende il vecchio più vigoroso del giovane finché c’è un pubblico che lo ammira.
Stimola digiuni, veglie e preghiere, ma solo per ottenere lodi.
Tuttavia, questa forza è effimera: come un disegno tracciato nell’acqua (17), svanisce non appena cessa l’approvazione esterna.
La vera gloria: quella che viene da Dio
Evagrio conclude con un monito:
“Non mettere in vendita le tue fatiche per la fama, né rinunciare alla gloria futura per essere acclamato. Infatti l’umana gloria si accampa in terra e sulla terra la sua fama si estingue, mentre la gloria della virtù rimane in eterno.” (21)
La vera virtù è quella nascosta, come la mano bianca nel seno (19) (riferimento al segno di Mosè in Es 4,6): ciò che è custodito nel silenzio brilla più della luce.
Combattere la vanagloria con l’umiltà
La vanagloria è un avversario subdolo, perché si traveste da virtù. L’unico antidoto è l’umiltà, che nasconde le proprie opere agli occhi del mondo per offrirle solo a Dio. Come insegna Gesù nel Vangelo:
“Il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.” (Mt 6,6)
Evagrio ci invita a vivere così: lavorando nel nascondimento, pregando nel silenzio, amando senza ostentazione. Solo così le nostre virtù non saranno “un sacrificio consunto” (16), ma un’offerta gradita a Dio.
La vanagloria (o κενόδοξα in greco, “desiderio di vuota gloria”) è un vizio spirituale che Evagrio Pontico, monaco e teologo del IV secolo, colloca tra i “loghismoi” (pensieri malvagi) che insidiano l’anima del cristiano. Oggi, questo peccato si manifesta in forme più sottili e pervasive, adattandosi alla cultura contemporanea, dominata dai social media, dal successo personale e dall’auto-promozione.
La vanagloria oggi: nuove maschere
Social media e ricerca di approvazione: Condividere foto, pensieri o opere non per edificare, ma per ricevere like e ammirazione è una forma moderna di vanagloria.
Successo spirituale: Anche nell’ambito ecclesiale, si può cercare di essere lodati come “buoni cristiani”, “grandi predicatori” o “esempi di virtù”.
Confronto e competizione: Il desiderio di apparire migliori degli altri, persino nella vita spirituale, è un inganno che Evagrio condannerebbe.
L’insegnamento di Evagrio Pontico
Evagrio, nella sua opera “De vitiis quae opposita sunt virtutibus”, descrive la vanagloria come un vizio che:
Distoglie da Dio: Porta a cercare la lode umana invece della gloria divina.
Genera ipocrisia: Spinge a mostrare una falsa virtù per essere ammirati.
Prepara la caduta: “Chi è innalzato dalla vanagloria, presto cadrà nell’orgoglio” (Practicus, 13).
Come combattere la vanagloria oggi?
Umiltà nascosta: Come suggerisce Gesù (Mt 6,1-6), fare il bene senza cercare riconoscimento.
Esame di coscienza: Chiedersi: “Lo sto facendo per Dio o per me stesso?”
Silenzio e discrezione: Ridurre la condivisione pubblica delle proprie opere buone, custodendole nel cuore.
La vanagloria oggi si nasconde dietro l’apparenza della realizzazione personale e dell’autenticità, ma rimane un inganno spirituale. Come insegnava Evagrio, la vera gloria è quella che viene solo da Dio, non dagli uomini. Il cristiano è chiamato a vivere nella verità, riconoscendo che ogni bene viene dal Signore e non dalla propria vanità.
“Chi si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato” (Lc 14,11).
diacono Tonino Maiorana
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