Quando entro in classe ogni mattina e vedo i vostri volti, cari ragazzi e ragazze dell’ITT “Ettore Majorana” di Milazzo, il primo pensiero che mi attraversa è sempre lo stesso: voi siete il nostro presente, non solo il nostro futuro. Siete qui e ora, con i vostri sogni, le vostre paure, le vostre battaglie. Non siete “adulti di domani”: siete giovani di oggi. E meritano rispetto le vostre emozioni, i vostri talenti, perfino i vostri silenzi.
A volte, però, vi vedo scoraggiati, chiusi, distanti. Vi sembra che i docenti siano dall’altra parte della barricata, come se il nostro compito fosse quello di giudicarvi e di mettervi alla prova per il gusto di vedervi in difficoltà. Non è così. Non siamo vostri nemici. Anzi: ogni volta che vi interroghiamo, che vi correggiamo, che vi sproniamo, lo facciamo perché desideriamo vedervi crescere, diventare adulti maturi e liberi, capaci di pensare con la vostra testa e di scegliere la vostra strada.
Lo studio non è una punizione: è un dono. È lo strumento che vi permetterà di essere liberi davvero, perché cultura significa libertà. Chi studia, chi conosce, chi si appassiona, diventa capace di interpretare il mondo, di non farsi ingannare da chi urla più forte, di decidere il proprio futuro senza essere manipolato.
La mia materia: una porta aperta alla vita
Insegno Religione cattolica, e per molti questa parola fa subito pensare a “messa”, “catechismo”, “oratorio”. Ma la Religione a scuola è molto di più. È uno spazio dove possiamo parlare di senso, di vita, di morte, di felicità, di amore, di libertà, di Dio. È una porta aperta per comprendere noi stessi, gli altri e il mondo.
Viviamo in un’epoca in cui incontriamo culture, religioni e modi di pensare diversi dal nostro: conoscere il cristianesimo, le altre religioni e i loro valori ci aiuta a dialogare, a costruire ponti, a vivere da cittadini del mondo. Conoscere Gesù significa scoprire qualcuno che non vuole rubarti la libertà, ma insegnarti a vivere pienamente, a non sprecare la vita, ad amare davvero.
Eppure vedo che per molti di voi la fede è diventata una parola lontana. Le parrocchie sono sempre più vuote, gli oratori faticano a riempirsi, la messa della domenica sembra qualcosa di “antico”. Ma è davvero così? O forse abbiamo solo perso l’abitudine di far spazio a Dio nella nostra vita?
Il rischio del vuoto
Molti di voi passano i pomeriggi davanti a una play station o a scorrere video sui social. Non è un male in sé – divertirsi è bello, condividere è bello – ma se la giornata diventa solo questo, si crea un vuoto. Si perde il gusto del dialogo, la bellezza di una chiacchierata tra amici, la gioia di un’attività fatta insieme. E quel vuoto può trasformarsi in solitudine, e la solitudine – lo sappiamo – spesso diventa terreno fertile per tristezza, ansia, depressione.
La fede, al contrario, ci spinge a uscire da noi stessi, a cercare l’altro, a riscoprire la bellezza della vita. Non ci toglie nulla, ma ci dona uno sguardo nuovo: ci fa vedere che siamo amati, che la nostra vita ha un senso, che non siamo soli.
Un appello ai genitori
Cari genitori, vi chiedo di non avere paura di stimolare i vostri figli, di invogliarli a leggere, a studiare, a confrontarsi, a impegnarsi. Non lasciate che siano solo i social a educarli. Mostrate loro con l’esempio che la fede non è un retaggio del passato, ma una forza che illumina il presente. Insegnate loro a pregare, a cercare Dio, a frequentare le comunità parrocchiali, non come obbligo ma come nutrimento per l’anima.
Una sfida per tutti
Viviamo in un mondo che sembra voler fare a meno di Dio. Ma se togliamo Dio dal cuore dell’uomo, togliamo anche una parte di noi stessi. Ecco perché la scuola, la famiglia, la parrocchia devono camminare insieme. Ecco perché vi dico, ragazzi: non abbiate paura di credere. Non abbiate paura di fare domande, di cercare risposte, di dubitare persino. La fede cresce anche nei dubbi.
Studiate, leggete, sognate in grande. Lasciatevi aiutare da chi vi vuole bene. E ricordate: noi insegnanti siamo qui per camminare con voi, non contro di voi.
Una domanda per noi adulti
E a questo punto, la domanda la rivolgo a me stesso e a tutti i miei colleghi: e noi, cosa possiamo fare di più? Dove dobbiamo cambiare per essere davvero una guida, un sostegno, una presenza significativa per voi ragazzi? Perché l’educazione è un cammino che si fa insieme, passo dopo passo, con umiltà e con il desiderio di crescere tutti: voi e noi.
Conclusione
Cari ragazzi, cari genitori: non lasciamo che il tempo scorra senza accorgercene. Ogni giorno può essere l’occasione per fare un passo in più, per aprire il cuore, per tendere una mano, per accendere una luce. Non lasciamoci rubare la speranza. Non permettiamo che il silenzio prenda il posto del dialogo.
Vi saluto con affetto, augurandovi di vivere questo anno scolastico con coraggio, curiosità e voglia di mettervi in gioco. Ricordate: non siete soli. Noi siamo qui, con voi, pronti a camminare insieme.
Con stima,
il vostro prof. di religione Tonino Maiorana
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