
Forse, prima di essere esperti, dovremmo tornare a essere discepoli.
Che significa “lavorare”, per un Papa? Significa pregare. Ascoltare. Discernere. Portare a Dio le lacrime del mondo. Significa avere il coraggio di tacere, quando tutti gridano. Significa portare la Croce, ogni giorno, con amore.
Lasciamolo lavorare in pace e ricominciamo da Cristo.
In questi giorni non si parla d’altro. Ovunque ti giri (giornali, social, televisioni, gruppi parrocchiali, corridoi dei luoghi di lavoro) si discute animatamente del nuovo Papa, Leone XIV. Un nome forte, carico di memoria storica, che da subito ha acceso l’immaginario e le tastiere. Tutti parlano: vaticanisti, teologi, opinionisti, laici impegnati.
Tutti, o quasi, sembrano voler dire la loro non tanto su chi è il nuovo Papa, ma su cosa farà, dove andrà, quale linea prenderà.
Si analizzano i dettagli: ha detto otto volte “pace”, nove volte “ponti”, ha sorriso più del predecessore, ha salutato in modo sobrio, ha fatto riferimento al Concilio, ha citato un padre della Chiesa orientale, ha scelto scarpe semplici. Ogni gesto viene passato al setaccio con la meticolosità di chi seziona un’opera d’arte. Tutti parlano del Papa.
Ma pochi parlano di Cristo.
Eppure è Lui il cuore di tutto. È Lui che il Papa rappresenta. È Lui il Pastore dei pastori. È Lui che ha detto: «Pace a voi» entrando nel cenacolo a porte chiuse, quando i discepoli avevano paura. È proprio con queste parole — le parole di Cristo Risorto — che Leone XIV ha aperto il suo primo discorso dalla loggia di San Pietro. Non ha “semplicemente salutato”, ma ha detto “Pace a voi”. E quella pace non è una formula, non è una diplomazia: è la presenza viva del Risorto che visita la sua Chiesa.
Ma questo, nei resoconti e nelle analisi, spesso passa in secondo piano. Si preferisce contare le parole chiave, interpretare i gesti, definire “orientamenti”.
Si dimentica che il Papa, ogni Papa, prima di essere un capo, è un discepolo.
Prima di essere un riferimento mondiale, è un uomo inginocchiato davanti a Dio. Un battezzato che porta il peso della Chiesa, nella fragilità della carne e nella forza dello Spirito.
Forse è tempo di fermarsi. Di fare silenzio. Di ricordare a noi stessi che la Chiesa non nasce dai palazzi, né dai dibattiti, né dalle opinioni. La Chiesa nasce dal costato aperto di Cristo, dall’acqua e dal sangue, dall’Eucaristia e dal Battesimo, dalla Parola e dallo Spirito Santo.
Siamo chiamati, come popolo di Dio, a pregare per il Papa, non solo a parlare di lui. A lasciarlo lavorare, a lasciarlo pregare, a lasciarlo ascoltare lo Spirito Santo. Noi, nel frattempo, potremmo fare qualcosa di rivoluzionario: ricominciare da Cristo.
Ricominciare dai Vangeli, dalla preghiera silenziosa, dalla Messa quotidiana, dai poveri. Ricominciare dal Vero Pastore, perché solo se ci teniamo stretti a Lui potremo comprendere davvero — e accompagnare — il cammino della Chiesa e del suo Vescovo di Roma.
Cristo al centro della nostra vita. Non le strategie. Non i commenti. Non le previsioni.
Cristo, e basta.
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