
Con il cuore colmo di dolore ma anche di immensa gratitudine, la Chiesa cattolica e il mondo intero accolgono la notizia della dipartita di Papa Francesco, annunciata questa mattina dal cardinale camerlengo Kevin Farrell. Alle ore 7:35, il Santo Padre, dopo una vita spesa nel servizio al Vangelo e ai più bisognosi, ha concluso il suo pellegrinaggio terreno per entrare nella gloria del Padre.
Un pontefice che ha incarnato il Vangelo della Misericordia
Francesco, il Papa venuto “dalla fine del mondo”, ha segnato un’epoca con la sua semplicità rivoluzionaria, il suo sguardo compassionevole verso gli ultimi e il suo coraggio profetico nel denunciare le ingiustizie. Dal primo istante del suo pontificato, con quel memorabile “Buonasera” sulla loggia di San Pietro, ha mostrato al mondo che la Chiesa non è un’istituzione di potere, ma una madre che abbraccia, specialmente chi è ferito dalla vita.
La sua esortazione apostolica Evangelii Gaudium ci ha insegnato che la gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita di chi incontra Gesù. Amoris Laetitia ha riportato al centro la bellezza fragile e santa della famiglia. E con Laudato Si’ ci ha ricordato che la cura del creato è un dovere sacro, un atto di giustizia verso i poveri e le generazioni future.
L’eredità di un Pastore umile e coraggioso
Papa Francesco non ha mai avuto paura di sporcarsi le mani, di scendere nelle periferie esistenziali, di baciare i piedi dei detenuti, di lavare le ferite dei migranti a Lampedusa. Ha gridato al mondo che “questa economia uccide”, ha denunciato la “cultura dello scarto”, ha chiamato la Chiesa a essere “ospedale da campo” dopo le ferite degli abusi.
Il suo pontificato è stato un continuo richiamo alla conversione: alla Chiesa, ai potenti, a ogni battezzato. Ci ha insegnato che la fede non è una dottrina fredda, ma un incontro vivo con Cristo, che si traduce in tenerezza verso i fratelli.
Un addio nella speranza della resurrezione
Oggi, mentre il cielo accoglie il suo servo fedele, la Chiesa piange ma anche rende grazie. Piange perché perde un padre, un pastore, un profeta. Ma rende grazie perché Dio ci ha donato, in questo tempo difficile, un uomo che ha saputo incarnare lo spirito delle Beatitudini.
Come il buon samaritano, Francesco si è chinato sulle piaghe dell’umanità. Come san Pietro, ha guidato la barca della Chiesa tra le tempeste. E ora, come san Francesco d’Assisi, può dire: “La mia opera è compiuta, che Cristo mi insegni la sua”.
“Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi” (Lc 22,15).
Con queste parole di Cristo nel cuore, la Chiesa universale accoglie, tra lacrime di commozione e speranza pasquale, la notizia del transito del Santo Padre Francesco. Alle ore 7:35 di questa mattina, il Successore di Pietro – dopo aver consumato fino all’ultima goccia il calice del servizio – ha deposto la sua fatica terrena per correre incontro all’Amato, proprio nel giorno in cui la liturgia canta: “Surrexit Dominus vere, alleluia!”.
Ieri, nel fulgore del mistero pasquale, il suo ultimo atto pubblico è stato quello di impartire, con mani tremanti ma cuore fermo, la Benedizione Urbi et Orbi dalla loggia centrale della Basilica di San Pietro. Mentre le sue dita tracciavano nell’aria il segno della Croce – quel segno che aveva riempito di significato il suo pontificato – milioni di fedeli in ogni angolo del pianeta ricevevano per l’ultima volta la carezza del Padre attraverso il suo ministero. Oggi, quella stessa mano si è abbandonata nella mano del Padre eterno.
Il Vangelo fatto carne
Francesco non è stato semplicemente un Papa. È stato un segno vivente di contraddizione in un’epoca di muri e indifferenza. Con la forza disarmante delle Beatitudini, ha scosso le coscienze addormentate:
- Ai potenti ha ricordato che “Dio piange” davanti agli scandali della fame e della guerra;
- Ai pastori ha ordinato di “avere l’odore delle pecore”;
- A ogni battezzato ha sussurrato: “Dio non si stanca mai di perdonare”.
Il suo magistero è stato un unico, grandioso commento alla parabola del Figliol prodigo: in un tempo di orfani e divorzi spirituali, ci ha insegnato che la Chiesa deve essere sempre “la casa del Padre dalle porte spalancate”.
L’ultima lezione: morire a Pasqua
Che il Signore abbia voluto chiamarlo proprio nell’Ottava di Pasqua non è un caso, ma un ultimo, sublime insegnamento. Francesco ci lascia quando il ciclo liturgico canta:
“La morte e la vita si sono affrontate in un prodigioso duello. Il Signore della vita era morto, ma ora, vivo, trionfa”.
La sua dipartita è un’icona vivente della speranza cristiana: come il chicco di grano caduto in terra (cfr. Gv 12,24), il suo apparente addio diventa promessa di fecondità. Quel corpo stanco che ieri benediceva la città e il mondo, oggi – liberato da ogni peso – intercede per noi presso il Trono dell’Agnello.
Preghiamo Insieme
“Padre misericordioso,
accogli il tuo servo Francesco
nell’abbraccio della Tua luce.
Tu che gli hai donato
il coraggio di rinnovare la Tua Chiesa,
fa’ che il suo esempio
continui a risuonare
in ogni angolo della terra.
Maria, Madre della Chiesa,
che ieri hai sostenuto le sue fatiche,
oggi presentalo al Tuo Figlio.
E a noi, che restiamo in pellegrinaggio,
donaci di seguire le sue orme
nella gioia del Vangelo.
Amen.”
diacono Tonino Maiorana
Parrocchia Santa Maria dell’Idria
Barcellona Pozzo di Gotto (ME)
“Non abbiate paura della tenerezza!”
Ultima esortazione di Papa Francesco
Benedizione Urbi et Orbi, Pasqua 2025
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