
Evagrio Pontico, monaco e teologo del IV secolo, è una delle voci più acute nella tradizione ascetica cristiana. Nel suo trattato Gli otto spiriti della malvagità (o De octo vitiosis cogitationibus), analizza le passioni che turbano l’anima, ostacolando la preghiera e la contemplazione. Tra queste, la gola (γαστριμαργία, gastrimargia) occupa un posto centrale, poiché rappresenta non solo un vizio alimentare, ma una radice profonda che alimenta tutte le altre passioni.
La gola come origine delle passioni
Evagrio inizia con un’immagine potente: “Come Amalek è l’origine dei popoli, così la gola lo è delle passioni” (n. 3). Amalek, nella Bibbia, è il nemico archetipico di Israele, colui che attacca alle spalle (Es 17,8-16). Allo stesso modo, la gola è il primo avversario che il monaco deve affrontare, perché indebolisce la resistenza spirituale e apre la porta ad altri vizi.
Il cibo, di per sé neutro, diventa pericoloso quando trasforma il bisogno fisiologico in cupidigia insaziabile: “Un ventre sfondato non dirà mai: ‘basta!’” (n. 28). La metafora del fuoco che si alimenta con la legna (n. 4-6) illustra come il piacere del cibo, se non controllato, accresca il desiderio invece di placarlo.
Digiuno e libertà interiore
Per Evagrio, la temperanza non è fine a sé stessa, ma è strumento di liberazione dell’intelletto (νοῦς). Un corpo sazio offusca la mente come “una nube [che] nasconde i raggi del sole” (n. 16), mentre il digiuno la rende limpida, simile a “una stella radiosa nell’aria limpida della notte” (n. 15).
La preghiera del temperante è paragonata a “una giovane aquila che sale in alto” (n. 14), mentre quella del goloso è schiacciata dalla pesantezza della sazietà. L’immagine dello specchio sporco (n. 17) è particolarmente efficace: la sazietà appanna la capacità di riflettere la luce divina, rendendo l’anima incapace di accogliere la conoscenza di Dio.
La lotta ascetica: dominio del corpo per elevare l’anima
Evagrio non demonizza il corpo, ma ne riconosce la necessaria sottomissione attraverso la mortificazione: “Stermina tutto ciò che ti ispirano i vizi e mortifica fortemente la tua carne” (n. 30). Il corpo, se lasciato incontrollato, diventa un tiranno (“ti si rivolterà contro muovendoti una guerra senza tregua”, n. 34), ma se disciplinato dalla fame e dalle veglie, è come “un docile cavallo” che obbedisce al cavaliere (n. 35).
Il monaco goloso, schiavo del proprio stomaco (n. 23), è contrapposto al temperante, che avanza spedito verso la pace interiore (n. 24-25). La meta è l’apátheia (απάθεια), l’impassibilità, uno stato di libertà dalle passioni in cui l’anima può finalmente dedicarsi alla contemplazione.
Evagrio vede nella gola non solo un peccato di ghiottoneria, ma un simbolo della dipendenza dai piaceri materiali, che distoglie l’uomo dalla sua vocazione spirituale. La lotta contro questo vizio è dunque una battaglia per la purezza del cuore: “la liberazione dalla gola genera la pratica della contemplazione” (n. 8).
In un’epoca come la nostra, dominata dal culto del consumo e del piacere immediato, le parole di Evagrio risuonano con sorprendente attualità. Ci ricordano che la vera sazietà non viene dall’abbondanza di cibo, ma dalla fame di Dio.
“Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.” (Mt 5,6)
La gola oggi: non solo cibo, ma consumo smodato
Per Evagrio, la gola non è solo l’eccesso nel mangiare, ma un’inclinazione disordinata verso i piaceri materiali che distoglie l’anima da Dio (De malignis cogitationibus, 1). Oggi, questo si traduce in:
Abbuffate emotive: consumo compulsivo di cibo, ma anche di serie TV, social media, shopping, ecc.
Ricerca del comfort a ogni costo: la mentalità del “tutto e subito” che indebolisce la virtù della temperanza.
Gola spirituale: desiderio di esperienze mistiche o emotive nella preghiera, senza impegno nella crescita interiore.
Come combattere la gola oggi?
Educare il desiderio: trasformare la fame materiale in fame di Dio (cfr. Sal 42,2: “Come la cerva anela ai corsi d’acqua…”).
Praticare il digiuno digitale: astenersi non solo dal cibo, ma anche dall’eccesso di informazioni e divertimenti.
Vivere la gratitudine: Evagrio suggerisce di “ricordare i doni di Dio” (Antirrheticus) per contrastare l’avidità.
La gola oggi si camuffa da “bisogno legittimo”, ma resta un ostacolo alla libertà interiore. Seguendo Evagrio, il cristiano può trasformare questa lotta in un’occasione per crescere nella temperanza e nell’amore autentico, orientando ogni desiderio verso il Bene supremo: Dio.
diacono Tonino Maiorana
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Grazie mille Confratello Tonino, abbi cura di te.